Estrapolazione delle indicazioni, ma anche etichettatura, denominazione e studi post marketing nel mirino delle Società scientifiche che si sono espresse sul progetto di orientamento della Food and Drug Administration (FDA) sull'intercambiabilità dei biosimilari con i loro biologici di riferimento.
La bozza - pubblicata per la prima volta a gennaio e sottoposta a consultazione fino a maggio – ha raccolto un totale di 53 commenti tra cui figurano quelli dell'American College of Reumatology (ACR), dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), dell’American Gastroenterological Association (AGA), dell’American Academy of Dermatology Association (AADA) e dell’American Association of Autoimmune Related Diseases (AARDA), tra gli altri.
Sul fronte dell'estrapolazione le principali preoccupazioni sollevate hanno riguardato la fisiopatologia dei farmaci e le indicazioni pediatriche; preoccupazioni sono state espresse anche sul rischio di sostituzioni inadeguate nei casi in cui un farmaco ritenuto intercambiabile non deovesse ottenere l'approvazione per tutte le indicazioni riconosciute al farmaco originatore.
Tra le richieste rivolte alla FDA quella di utilizzare negli studi di commutazione solo prodotti di riferimento autorizzati negli Stati Uniti negli studi di commutazione.
Perplessità sono state espresse anche sull'ipotesi di considerare intercambiabile con il proedotto di riferimento quaslsiasi bioismilare e sull'opportunità di considerare anche i pazienti affetti d malattie autoimmuni, per la complessità delle patologie considerate.
Dalle associazioni mediche sono arrivate anche rischieste specifiche sull'etichettatura (prevedere nomi distinti per i diversi biosimilari) ed è stata inoltre richiesta una guida specifica per i farmacist,i per evitare il rischio di sostituzioni involontarie di un biosimilare non intercambiabile.
Avanzata infine la richiesta di studi post-marketing osservazionali per garantire la sicurezza e l'efficienza longitudinali per tutte le popolazioni di pazienti trattate con questi prodotti.
I farmaci equivalenti rappresentano il 62% dei medicinali dispensati in Europa pur impattando solo sul 4% dei budget sanitari complessivi dell’Unione. Il dato – che testimonia per la prima volta il “sorpasso” degli equivalenti sui brand, è contenuto nell’aggiornatissimo Report “Global Healthcare Trends and Outlook“, presentato ieri da Alan Sheppard (Principal Thought leadership di QuintilesIMS) in occasione delle conferenze congiunte delle associazioni europea e mondiale delle aziende produttrici del comparto - Medicines for Europe e IGBA - in corso a Lisbona.
Al centro degli incontri, oltre alla cooperazione internazionale in materia di regolamentazione, i dati contenuti in diversi studi presentati nel corso della conferenza che evidenziano la necessità di una revisione urgente delle politiche in materia di medicinali per stimolare l'accesso più ampio ai medicinali equivalenti, biosimilari e a valore aggiunto.
Nell’affresco tracciato da QuintilesIMS l’oroscopo globale del pianeta Pharma, cresciuto del 6,5% negli ultimi 5 anni fino ad un totale di 936 miliardi di dollari e destinato secondo i pronostici degli addetti ai lavori a crescere del 3-6%, fino a toccare la vetta dei 1.400 miliardi di dollari al 2021. Protagonisti saranno gli States, con un +5-8%, stabile l’Europa a 5 (+2-3%), in ulteriore crescita i Pharmerging con un moderato predominio della Cina e un tasso di crescita composto del 6-9%.
Secondo il Rapporto QuintilesIMS, inoltre, il 34% della spesa farmaceutica globale afferisce a cinque aree terapeutiche: oncologia, 21%, diabete, 16%; patologie autoimmuni, 15%; dolore, 3%; respiratorio, 5%. In questo scenario due le aree da monitorare con attenzione: quella dei biologici, che già oggi totalizzano un mercato globale da 250 miliardi di dollari con uno share di mercato del 59% negli Usa e del 17% nell’Ue a 5 e paiono destinati a quotare i 400 miliardi di dollari entro il 2021, grazie a una pipeline di oltre 7mila farmaci in sviluppo e quella degli equivalenti la cui avanzata è inequivocabile a livello planetario, catalizzando il 70% del mercato a volumi (23% a valori) nell’America del Nord, il 62% (29% a valori) del mercato Europeo, il 40% (18% a valori) del mercato giapponese e rappresentando con ogni evidenza la principale speranza di cura nei territori africani (69% a volumi; 49% a valori), asiatici (71% a volumi; 43% a valori) e latino-americani (80% e 65%, rispettivamente). Performance destinate a consolidarsi visto il pronostico di una ulteriore crescita del 5,8% mercato equivalente entro il 2021.
Fattori guida dell’avanzata del mercato degli equivalenti – secondo Sheppard – la capacità di creare maggiore accesso, il ruolo chiave nella compensazione budgetaria per l’accesso ai nuovi trattamenti, la presenza di linee guida ad hoc, gli incentivi per gli operatori sanitari, il co-payment ed il trend delle scadenze brevettuali: “Per ottenere un efficiente mercato degli equivalenti sono necessarie politiche adeguate capaci di indirizzare domanda e offerta, utilizzando sia i meccanismi della competizione garantendo rapido accesso al mercato, che adeguati strumenti di comunicazione e cultura capaci di far crescere la consapevolezza sul valore comparto”.
Un processo che sarà comunque accelerato dal record di lanci di nuove molecole atteso entro i prossimi anni: entro il 2020 arriveranno sul mercato 225 nuove molecole (+22%) portando ad un totale di 943 le nuove terapie facenti parti dell’armamentario terapeutico mondiale approvate nei 25 anni precedenti. Le categorie più consistenti: 225 nuovi oncologici il cui ingresso sul mercato è atteso nei prossimi 5 anni e oltre 470 trattamenti per patologie orfane.
Non solo gli equivalenti ma a maggior ragione i biosimilari saranno inevitabilmente coinvolti nel percorso di compensazione necessario a garantire sostenibilità all’assistenza farmaceutica. E ciò accadrà a maggior ragione in Europa che già oggi assorbe il 22% del mercato biologico complessivo e l’87% del mercato dei biosimilari.
Sullo sfondo delle performance relativamente rosee le preoccupazioni delle associazioni dei produttori: “Siamo divenuti la principale industria responsabile di garantire quotidianamente accesso ai medicinali ai pazienti europei e prenderemo questo ruolo con tutta la responsabilità che richiede. Per continuare a garantire questo ruolo, tuttavia, è fondamentale che cessino le misure aggressive sui prezzi che sempre più spesso sono adottate in molti paesi europei senza alcun dialogo con l’industria”.
"Invitiamo tutti i Governi europei al dialogo, non imponendo politiche di prezzo insostenibili che aumentano il rischio di carenze e a lavorare assieme per semplificare le regolamentazioni e ridurre gli oneri amministrativi", ha affermato Jacek Glinka, presidente di Medicines for Europe.
“Dobbiamo attuare la raccomandazione uscite dal “Fair Pricing Forum” dell’Oms di mantenere aperto il dialogo tra regolatori, pagatori e industria per l’individuazione e la condivisione di un equo sistema dei prezzi e di politiche di acquisto pubblico sostenibili", ha rimarcato Adrian van den Hoven Direttore Generale di Medicines for Europe e Chairman di turno di IBGA.
Richieste accomunate dal rischio delineato con chiarezza da un nuovissimo report dell’Economist Intelligence Unit secondo il quale “politiche di prezzo insostenibili accrescono massicciamente il rischio di gravi carenze sul mercato degli equivalenti”, riducendo l’accesso alle cure per la popolazione mondiale.
A tirare le fila del discorso le ultime battute nell’intervento di Sheppard a Lisbona: “La necessità di medicinali di qualità accessibili rimane chiave per la sostenibilità dei sistemi sanitari europei e le misure di riduzione dei prezzi dei medicinali non sono la soluzione per ridurre i costi. L’obiettivo ultimo deve essere e il miglioramento dell’outcome e in definitiva l’efficienza dell’assistenza sanitaria. Equivalenti e biosimilari devono rimanere al centro di tutte le politiche di efficientamento dei sistemi sanitari universalistici”.
"Non esiste alcun disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, ma continua a mancare un piano preciso di salvataggio, condizionato dalla limitata capacità della politica di guardare a medio-lungo termine. Di questo passo nel 2025 il fabbisogno del Ssn sarà di 210 miliardi e ne mancheranno 16 all'appello: in assenza diassenza di interventi preventivi adeguati la lenta trasformazione verso un sistema sanitario misto sarà inesorabile, consegnando definitivamente alla storia il nostro tanto invidiato sistema di welfare".
Il nuovo check sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale è contenuto nel II Rapporto Gimbe, presentato oggi a Roma dal presidente dell'omonima Fondazione, Nino Cartabellotta.
Il Rapporto analizza in maniera dettagliata le quattro criticità che condizionano la sostenibilità del servizio pubblico, tracciando anche le linee d'intervento per un possibile "Piano di salvataggio” del Ssn, a partire dal killer storico che va sotto il nime di definanziamento.
La spesa sanitaria in Italia - sottolinea il Rapporto - continua inesorabilmente a perdere terreno, sia in percentuale del Pil sia dal punto di vista della spesa pro-capite totale, inferiore alla media OCSE (3.245 dollari 3.976), che posiziona l’Italia prima tra i Paesi poveri dell’Europa. "L’entità del definanziamento pubblico – precisa Cartabellotta – emerge in maniera ancora più evidente confrontando la crescita percentuale della spesa pubblica nel 2009-2015, dove l’Italia si attesta ultima, con un misero +2,9% (rispetto al 20% in più registrato dalla media OCSE), precedendo solo Spagna, Portogallo e Grecia, paesi in cui si è verificata addirittura una riduzione percentuale".
In altri termini, non è più possibile dare colpa alla crisi: il definanziamento è diventato strutturale e - denuncia GIMBE - entro il 2019 il rapporto spesa sanitaria-Pil arriverà al 6,4% scendendo per la prima volta sotto la soglia d'allarme del 6,5% del Pil fissata dall'Oms al di sotto della quale si riducono le aspettativa di vita. Inoltre, sottolinea ancora il Rapporto dal DEF 2017 emerge con chiarezza che "ad una eventuale ripresa del Pil nei prossimi anni non corrisponderà in modo proporzionale un aumento del finanziamento della sanità".
Seconda criticità di rilievo quella dei nuovi Lea: un “paniere” di prestazioni estremamente ricco ma altrettanto privo di risorse. "Il vero problema – puntualizza Cartabellotta– è che il DPCM sui nuovi LEA non rende esplicita né la metodologia per inserire le prestazioni nei LEA, né quella per “sfoltirli”, così si concretizzano situazioni paradossali, dove con il denaro pubblico vengono al tempo stesso rimborsate prestazioni futili o addirittura dal rapporto rischio-beneficio sfavorevole, mentre prestazioni indispensabili non vengono garantite".
A seguire le due criticità che sembrano essere facce della stessa medaglia: soldi spesi male dal servizio sanitario pubblico, tra sprechi e inefficienze e soldi investiti di tasca propria dai cittadini che finiscono con l'essere fagocitati dalle assicurazioni private a danno di quel secondo pilastro - i fondi integrativi - che in Italia sembrano non decollare mai. "Le varie forme di sanità integrativa – sottolinea infatti Cartabellotta – “intermediano” solo il 12,8% della spesa privata, collocando l’Italia agli ultimi posti dei paesi dell’OCSE. Peraltro, la frammentazione legislativa ha generato un paradosso inaccettabile: se i fondi sanitari integrativi non possono coprire prestazioni essenziali, molte di queste oggi vengono sostenute dalle assicurazioni private, che si stanno insinuando tra incertezze delle Istituzioni e minori tutele della sanità pubblica, rischiando di trasformare silenziosamente, ma inesorabilmente, il modello di un SSN pubblico, equo e universalistico in un sistema misto».
Il Rapporto aggiorna infine le stime sugli sprechi: nel 2016 sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, e inadeguato coordinamento dell’assistenza avrebbero mandato in fumo 22,51 miliardi di euro. Niente di strano se è vero il dato riferito da quello Agnès Couffinhal – senior economist dell’OCSE che ha presentato il report Tackling Wasteful Spending on Health, pubblicato in gennaio: "Circa 1/5 della spesa sanitaria apporta un contributo minimo o nullo al miglioramento della salute delle persone - ha detto. - Le evidenze sugli sprechi sono inequivocabili ed emergono in tutti i Paesi - ha concluso. - Non è più tempo di disquisire sulla loro esistenza, ma bisogna agire senza indugi, considerando che tutti gli stakeholder sono chiamati a collaborare per tagliare gli sprechi con precisione chirurgica".
"Senza i tre “cunei di stabilizzazione” individuati - disinvestimento da sprechi e inefficienze, incremento della quota intermediata della spesa privata e adeguata ripresa del finanziamento pubblico - conclude Cartabellotta - la lenta trasformazione verso un sistema sanitario misto sarà inesorabile, consegnando definitivamente alla storia il nostro tanto invidiato sistema di welfare. Ma, se anche questa sarà la strada, la politica non potrà esimersi dal giocare un ruolo attivo, avviando una rigorosa governance della delicata fase di transizione con il fine di proteggere le fasce più deboli e di ridurre al minimo le diseguaglianze".
"Vista la situazione - ha convenuto Luigi d'Ambrosio Lettieri (CoR), membro della Commissione Sanità del Senato - è urgente rimettere mano alla sanità integrativa e mettere a punto una disciplina che stabilisca cosa deve fare il privato e come".
A chiedere "più trasparenza e regole chiare sui fondi integrativi sanitari" è anche il presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti (DES-CD), mentre tra le priorità individuate da Amedeo Bianco (Pd), membro della Commissione Sanità del Senato, figura la "necessità di formare professionisti sanitari a portare avanti una governance morale sui Livelli essenziali di assistenza, in modo che possano indirizzare sulle prestazioni che è giusto offrire al singolo paziente".
Da Walter Ricciardi, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), infine, l'ivito a "migliorare il dialogo con il ministero dell'Economia". Perché, ha spiegato "non possiamo parlare di migliorare la prevenzione, se poi lo Stato si finanzia con fumo, alcol e gioco d'azzardo".
Di seguito i sei punti chiave del “Piano di salvataggio” GIMBE del Servizio Sanitario Nazionale:
- offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate al SSN, mettendo fine alle annuali revisioni al ribasso rispetto alle previsioni e soprattutto con un graduale rilancio del finanziamento pubblico;
- rimodulare i LEA sotto il segno del value, per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie ad elevato value, destinando quelle dal basso value alla spesa privata e impedendo l’erogazione di prestazioni dal value negativo;
- ridefinire i criteri della compartecipazione alla spesa sanitaria e le detrazioni per spese sanitarie a fini IRPEF, tenendo conto anche del value delle prestazioni sanitarie;
- attuare al più presto un riordino legislativo della sanità integrativa;
- avviare un piano nazionale di prevenzione e riduzione degli sprechi, al fine di disinvestire e riallocare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi;
- mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni (health in all policies), in particolare di quelle che coinvolgono lo sviluppo economico del Paese.
Tutti i Paesi europei sono alle prese con la crescente presenza di biologici e biosimilari nei propri sistemi sanitari e stanno mettendo in pista scelte regolatorie su misura per il settore. E anche se il vento su sostituzione e intercambiabilità sta cambiando, nella maggior parte dei Paesi la scelta del trattamento rimane saldamente nelle mani dei medici.
E’ quanto emerge in estrema sintesi dalla policy survey promossa dalla European Biopharmaceuticals Enterprises con l’obiettivo di aggiornare la mappatura delle politiche di prezzo e rimborso dei biosimilari in 32 Paesi.
L'indagine - da poco pubblicata - è stata realizzata interpellando le associazioni nazionali delle aziende farmaceutiche di 32 Paesi (i 28 Stati membri dell'UE più la Norvegia, la Serbia, la Svizzera e la Turchia) e sottoponendo ad esse una versione aggiornata del questionario utilizzato nella prima survey realizzata nel 2014. In tutto 44 domande su otto specifici aspetti: disponibilità di medicinali biologici nel mercato nazionale, gare, Hta, prescrizione utilizzando la denominazione internazionale, prezzi di riferimento, sostituzione, intercambiabilità e quote (esistenza o meno di target di prescrizione imposte ai medici). Di seguito, in sintesi, i principali risultati.
Sostituzione
Tra i 32 Paesi che hanno risposto all'inchiesta, 26 (81%) hanno riferito che la sostituzione biologica a livello farmacologico è stata vietata. Tra questi, 26 Paesi, 17 (65%) hanno risposto che esistono leggi o orientamenti espliciti in materia. Per gli altri, le risposte hanno lasciato intendere che il divieto di sostituzione a livello farmacologico è notevolmente legato all'assenza di riferimento ai biologici nell’attuale quadro giuridico o alle linee guida delle Società scientifiche.
Stando a quanto emerso dallo studio la sostituzione del biologico potrebbe aver luogo in sei dei 32 Paesi europei considerati (19%): la Repubblica Ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Polonia, la Serbia e la Turchia. Nel 2014 la sostituzione era possibile solo in Polonia ed Estonia. Va sottolineato che le politiche di sostituzione in oggetto sono applicabili sia ai pazienti "naïve" che ai pazienti già trattati e contemplano disposizioni relative all’opt-out: ovvero il medico nel compilare la ricetta può escludere la possibilità di sostituzione.
Modalità e cause variano ovviamente da Paese a Paese: l'Estonia, ad esempio, ha riferito che la possibilità di sostituzione dipende dalle molecole dispensate nelle farmacie; nella Repubblica Ceca la sostituzione non è proibita in quanto tale non esistendo regole ad hoc per i biologi; in Polonia, la sostituzione è possibile, a meno che il medico non indichi "non sostituibile" e Il farmacista deve informare sull'opzione più economica, poiché non esiste alcuna differenziazione tra equivalenti e biosimilari nell'attuale quadro legislativo.
In Germania si effettua una distizione tra bioidentici e non: solo i “bioidentici” (= farmaci biotecnologici con lo stesso principio attivo: non devono differire per materiali di partenza e processo di produzione) sono soggetti a sostituzione da parte del farmacista; per tutti gli altri la sostituzione automatica è vietata.
In Francia, il regolamento adottato nel 2014 ha consentito, in linea di principio, la sostituzione a all'avvio del trattamento, in attesa della pubblicazione di un decreto di attuazione.
Intercambiabilità
Tra i 32 paesi intervistati, 16 (50%) hanno risposto che i loro Paesi hanno assunto una posizione ufficiale sull'intercambiabilità. Dallo studio non emerge un approccio chiaro e armonizzato nei Paesi europei in materia di intercambiabilità, tuttavia nella maggiornaza dei casi le posizioni in materia sono state assunte dalla competernte Agenzia regolatorie, da un organismo HTA o da un pagatore. Nel 2015, la Finlandia e i Paesi Bassi erano stati tra i primi paesi dell'UE ad adottare una posizione sull'intercambiabilità o sul passaggio tra un prodotto di riferimento e un biosimilare. La Germania, attraverso l'Istituto Paul Ehrlich, ha adottato una specifica posizione riguardo all’uso di infliximab biosimilare.
Nel 2016, Paesi come Francia e Portogallo hanno aggiornato o emanato linee guida o raccomandazioni. L'agenzia francese ha rilevato in particolare che, a causa della crescente esperienza clinica con questi prodotti, non è più giustificato escludere formalmente l'intercambiabilità. Tuttavia, i pazienti devono essere informati, accettare lo switch ed essere strettamente monitorati. Le linee guida indicano inoltre che è necessario garantire la tracciabilità dei prodotti interessati].
Per il Portogallo, la Commissione Nazionale per la Farmacia e la Terapia (Comissão Nacional de Farmácia e Terapêutica, CNFT), un organismo consultivo dell'’Agenzia regolatoria portoghese sotto la tutela dei Ministeri della Sanità e delle Finanze, afferma chiaramente che lo switch tra medicinali biosimilarici deve essere gestito con i servizi clinici coinvolti, rispettando il principio di precauzione e in conformità con le indicazioni terapeutiche caso per caso.
Le posizioni ufficiali sull'intercambiabilità pubblicate nei Paesi esaminati generalmente individuano come cruciale il ruolo del medico curante per l’avvio e il monitoraggio dello switch.
Gare
Secondo le risposte fornite dalle associazioni di categoria esaminate, i medicinali biologici possono essere acquistati attraverso procedure di gara in 26 Paesi su 32 (81%): nella gran parte dei casi le gare che includono i biologici sono nazionali (8) o ospedaliere (7). Allo stesso modo, un gran numero di Paesi ha segnalato la prevalenza di gare “single winner”: un solo fornitore può aggiudicarsi l’appalto.
In conseguenza della indizione delle gare la commutazione di pazienti per motivi non medici può avvenire in 12 dei 26 paesi (46%) e in otto di questi 12 Paesi il medico può optare. Ciò potrebbe implicare che in quattro paesi i pazienti sono costretti a cambiare terapia per effetto delle gare (Bulgaria, Polonia, Serbia e Turchia). In Bulgaria, in particolare, i medici non possono esercitare l’”opt-out”, il che significa che devono prescrivere il farmaco del produttore che ha vinto la gara.
Health Technology Assessment (HTA)
Nel contesto dell'indagine, l’attività di HTA è stata associata alla più ampia valutazione dell'impatto economico dei biosimilari: è emerso che nel 75% dei Paesi i processi HTA non si applicano ai biosimilari.
Negli otto Paesi in cui si riporta una attività di HTA riferita ai biosimilari, invece condizioni e le modalità variano da Paese a Paese. Ad esempio, In Finlandia, ad esempio, l’attività di Hta sui biosimilari non viene espletata in ambito ospedaliero ma solo a livello ambulatoriale, mentre in Francia la valutazione è condotta mediante una procedura semplificata, con prove cliniche analizzate per valutare il valore terapeutico.
La procedura semplificata adotta in Portogallo, invece, incide solo sulle negiziazioni del prezzo e non valuta l’aspetto clinico. In Ungheria, infine, i biosimilari sono sottoposti ad HTA solo se prevedono un prezzo più elevato rispetto al prodotto di riferimento.
Prescrizione INN
Obiettivo della prescrizione per denominazione internazionale del principio è quello di disattivare gli incentivi alla prescrizione del prodotto branded: questa modalità è stata resa obbligatoria o raccomandata in 11 dei 32 Paesi analizzati (34%), ma è emerso che in questi casi la gran parte dei Paesi ha introdotto meccanismi di esonero per i farmaci biologici.
Prezzi di riferimento interni (IRP)
In 14 (44%) dei 32 Paesi interpellati i biologi sono risultati essere inclusi nell’Internal Reference Priceing (IRP). Due paesi hanno dichiarato di applicare il prezzo di riferimento terapeutico (TRP), attraverso la creazione di gruppi di riferimento per classe terapeutica o superiore (ATC 4 [Anatomical Therapeutic Chemical] o superiore). Dodici paesi hanno riferito di avere in vigore un prezzo di riferimento sul livello di sostanza attiva (ATC 5, prezzo di riferimento generico).
In Germania, invece, esistono sia il prezzo di riferimento terapeutico che il prezzo di riferimento generico. Altri paesi potrebbero aver escluso i biologici in modo esplicito dall'IRP o non hanno adottato in alcun modo questa politica.
Quote (target prescrittivi)
L’adozione di target prescrittivi imposti ai medici non è una politica particolarmente utilizzata in Europa. Solo sette Paesi (22%) hanno dichiarato di aver adottato tali misure: Cipro, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Lettonia e Lituania. Tuttavia, nessuno di questi Paesi esclude i biologici dall'ambito delle quote. In tre paesi (Danimarca, Lettonia e Lituania), le quote sono obbligatorie, mentre sono solo indicative in Germania (ad eccezione di alcune associazioni mediche regionali, dove i medici ricevono un mandato dai pagatori per il raggiungimento di determinati contingenti), Cipro, Grecia e Italia.
Come le prescrizioni IRP o INN, le quote mirano a creare incentivi per la prescrizione di un certo tipo di farmaco.
Per quanto riguarda la questione se i contingenti possano creare discriminazioni, ovvero la preferenza per un determinato gruppo di prodotti, le risposte fornite hanno evidenziato che: in Lituania l'obiettivo dei contingenti è quello di prescrivere il prodotto più economico, mentre in Danimarca è la prescrizione di biosimilari. A Cipro, in Germania, in Italia e in Lettonia, il disegno delle quote è focalizzato sia sulla prescrizione dei prodotti più economici che sui biosimilari. In Portogallo, una quota del 20% è stabilita come indicatore di rendimento per il contratto di finanziamento del servizio sanitario nazionale (Serviço Nacional de Saúde, SNS).
Innovazione, accesso ai farmaci, disuguaglianze, asimmetrie. I miracoli della ricerca farmaceutica che negli ultimi anni e ancor più in quelli a venire regaleranno alla Medicina molecole che fanno la differenza aprono più che mai la sfida alla ricerca di una soluzione globale sul fronte della sostenibilità e dell'accesso alle cure. Perché se è vero che già oggi una enorme fetta di malati del mondo - in particolare dei Paesi in Via di Sviluppo - non può permettersi di beneficiare di un ampio ventaglio di terapie destinate alle patologie croniche e vero pure che sta emergendo a grandi passi una nuovissima e inedita fetta di povertà trasversale anche nei Paesi del mondo avanzato, come quelli europei, che forse stanno già perdendo la sfida sull'epatatite C, il cancro, sulla mancanza di antibiotici.
Ad accendere ancora una volta i riflettori sulla sfida dell'accesso all'innovazione è stata Medici Senza Frontiere nel corso di un dibattito organizzato nell'ultima giornata dei lavori delladell'Economia di Trento, dedicato quest'anno alla Salute diseguale
A inaugurare il confronto Judit Rius Sanjuan che ha utilizzoto come termine di confronto l'esperienza di Medici Senza Frontiere nell'affrontare l'emergenza AIDS nel 1988, quando solo chi aveva un alto reddito potesse procurarsi i costosi trattamenti anti-HIV: "Era disumano che tanta gente dovesse morire perché non poteva permettersi le cure - ha spiegato. - così MSF si concentrò sul come poter ridurre il prezzo dei prodotti il cui costo elevato non era legato a fattori legati alla produzione ma era sostenuto dalla mancata concorrenza. Allora l’azione di Medici Senza Frontiere portò alla riduzione del 90% del costo dei farmaci contro l’HIV e oggi secondo l’Onu 17 milioni le persone trattate con i farmaci contro l’HIV, grazie alla concorrenza".
"La nostra attività - ha proseguito - si concentra nelle aree più neglette del mondo. Cerchiamo di prevenire la tubercolosi, la realtà dalle volte è impossibile, non ci sono vaccini, medicine, serve un sistema di innovazione ma quello attuale non lo incentiva. Oggi, finalmente, molte organizzazioni si stanno rendendo conto che il sistema attuale non risponde alle necessità dei poveri ma anche degli Europei, si pensi ad esempio sull'epatite C, sul cancro, sulla mancanza di antibiotici: serve una risposta globale. Come Medici Senza Frontiere lavoriamo per una innovazione accessibile".
Un obiettivo che trova in piena sintonia le aziende produttrici di farmaci generici-equivalenti: . Michel Uda, direttore generale AssoGenerici, ha parlato di come nella produzione di un farmaco ci sia un processo virtuoso, che parte dalla ricerca e arriva allo sviluppo: “Come AssoGenerici, siamo impegnati in un programma di incentivi condiviso della tutela delle scoperte, convinti che la ricerca e lo sviluppo vadano tutelati in maniera trasparente, ma ci sono anche delle forti contraddizioni che vanno studiate e risolte - ha affermato infatti Michele Uda, direttore generale di Assogenerici. - La nostra industria apporta competizione, ma deve essere sostenibile. Qui va trovato l’equilibrio per avere una concorrenza sana".
Le dinamiche dell’industria farmaceutica sono state anche al centro dell'interventio del rappresentante dell'Antitrust, Luca Arnaudo, convinto della necessità di differenziare tra gestione delle emergenze tramite la concorrenza e l'azione preventiva da gestire tramite gli interventi regolatori. "Negli ultimi anni l'assetto del settore farmaceutico è profondamente mutato - ha sottolineato Arnaudo. - Oggi in moltissimi casi a trovare la gallina dalle uova d'oro sono piccole o piccolissime società con costi di ricerca non necessariamente insostenibili. Quello che costa sul serio è lo sviluppo, ovvero l'investimento necessario per riuscire a portare il prodotto ritenuto interessante sul mercato. L'obiettivo dunque - ha concluso - è quello di rendere anche la ricerca sempre più sostenibile per prevenire una situazione patologica caratterizzata da prezzi sempre più elevati e accesso ai farmaci sempre più ristretto".
Aosta, Bologna, Bolzano, Cagliari, Chiavari (GE), Latina, Pisa, Policoro (MT), Trento e Varese. Sono queste le 10 città nelle quali farà tappa da luglio la seconda edizione di “Io equivalgo”, la campagna di informazione sui farmaci equivalenti promossa da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, con il patrocinio dell’Agenzia Italiana del Farmaco e con il sostegno non condizionato di Assogenerici, che è stata presentata oggi a Roma presso l’Albergo del Senato.
La campagna si rinnova con un’estensione alle comunità straniere, grazie alla traduzione dei materiali di informazione in sei lingue, oltre all’italiano: inglese, arabo, francese, spagnolo, bengalese, tigrino.
“Con questa campagna vogliamo innanzitutto contribuire a rendere più accessibili le cure nel nostro Paese, a sostenere le casse del nostro Servizio Sanitario Nazionale e soprattutto i redditi delle famiglie. La spesa privata sostenuta per l’acquisto dei farmaci rappresenta infatti la seconda voce di costo segnalata da 1 cittadino su 5 alla nostra Organizzazione”, dichiara Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. “Anche il Rapporto Osmed dell’Aifa certifica una spesa per compartecipazione a carico del cittadino per farmaci di fascia A pari a 1.154 milioni nei primi nove mesi del 2016, in aumento dell'1,5% rispetto al 2015. Di questa il 66,2%, e cioè 764 milioni di euro, è relativa alla spesa che sostiene il cittadino per la differenza di prezzo tra il medicinale acquistato e quanto rimborsa il SSN in base alla lista di trasparenza. Possiamo ridurre questa zavorra che schiaccia i redditi delle famiglie e rende sempre più difficile l’accesso alle cure e l’aderenza terapeutica, facendo più informazione sulle opportunità che ci offre un maggior utilizzo dei farmaci equivalenti, sfatando falsi miti su questi farmaci, e promuovendo una maggiore trasparenza sulla politica dei prezzi dei medicinali. Tutto questo è “Io Equivalgo” che quest’anno si rinnova completando il giro delle Regioni, aiutando i cittadini a consultare le liste di trasparenza grazie all’App e personalizzando l’informazione anche per le comunità straniere“.
“La scelta del farmaco equivalente consente ai cittadini di risparmiare sia quando assumono un farmaco a carico del Ssn, sia quando acquistano un farmaco non rimborsato perché inserito in Fascia C o un farmaco di automedicazione: un rapporto maturo e consapevole con questi prodotti può essere senz’altro d’aiuto nella tutela responsabile della propria salute soprattutto per i soggetti in maggiore difficoltà economica”, ha aggiunto Enrique Hausermann, rresidente di Assogenerici. “Per questo abbiamo scelto di offrire il nostro contributo incondizionato alla seconda edizione della Campagna, con l’obiettivo di fornire ai cittadini una opportunità di scelta consapevole nel campo delle cure. In quest’ottica “Io Equivalgo” 2017 si arricchisce di un elemento di particolare valore, diventando multilingue e indirizzandosi a tutte le componenti di una società sempre più multietnica quale quella che oggi conosciamo. Siamo certi che le dieci tappe lungo le quali il progetto si svilupperà, da Nord a Sud Italia, saranno un tassello piccolo ma significativo nella garanzia del diritto alla salute, quale componente essenziale del diritto di cittadinanza per gli immigrati ed elemento fondamentale per tutti i cittadini italiani”.
L’iniziativa, che ha preso il via lo scorso anno, ha raggiunto nel corso del 2016 importanti numeri: 12 città e 15mila cittadini raggiunti nelle tappe; 90mila gli utenti che hanno visitato il sito internet dedicato www.ioequivalgo.it; 4600 like alla pagina Facebook; 165mila visualizzazioni del videospot su Youtube e Facebook; 5670 download della App dedicata, per avere informazioni sul prezzo dell’equivalente corrispondente al farmaco di marca.
Con l’edizione 2017 della campagna sono state rafforzate le alleanze già esistenti con medici di famiglia, geriatri, farmacisti, infermieri, sindacati e organizzazioni civiche e create delle nuove, portando a bordo l'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti, AMSI (Associazione Medici di origine Straniera in Italia) e rappresentanti di comunità straniere, quali COMAI (Comunità del Mondo Arabo in Italia) e UMEM (Unione Medica Euro-Mediterranea).
"Fondamentale abbattere le barriere culturali sia da parte degli operatori che da parte dei pazienti sull'utilizzo dei bio equivalenti. I farmaci equivalenti sono una risorsa terapeutica fondamentale perché consentono risposte efficaci per i pazienti e al contempo contribuiscono alla sostenibilità del sistema", dichiara Mario Melazzini, direttore generale di Aifa.
Obiettivi di #IoEquivalgo, favorire la conoscenza dei farmaci “generici”; informare i cittadini e fornire loro un’opportunità di scelta consapevole e informata, a vantaggio della sostenibilità economica delle famiglie; promuovere ulteriormente la trasparenza sulle politiche dei prezzi; segnalare come il ricorso all’equivalente rappresenti uno strumento fondamentale per la riduzione della spesa farmaceutica italiana e quindi per la sostenibilità del Ssn; ridurre gli sprechi da mancata aderenza terapeutica, dovuta all’interruzione delle cure per difficoltà economiche, garantendo così un più alto livello di salute della popolazione.
Nel pacchetto di primavera del semestre europeo con cui la Commissione Ue ha dettato ieri raccomandazioni specifiche per ciascun Paese, accanto all’invito rivolto agli Stati Membri ad approfittare dell'opportunità offerta dalla ripresa economica per proseguire le riforme strutturali, stimolare gli investimenti e rafforzare le finanze pubbliche figura anche l’esortazione “ad adottare politiche di efficientamento dei sistemi sanitari” con specifico riferimento alla necessità di “garantire equità d’accesso ai servizi sanitari a fronte di budget limitati e di una domanda in costante crescita”.
A sottolinearlo in un comunicato diffuso oggi è Medicines for Europe, l’associazione europea delle aziende produttrici di generici e biosimilari, convinta che i Governi dovrebbero adottare politiche a sostegno dell’utilizzo di questi prodotti per sfruttare i vantaggi concorrenziali da essi generati nel lungo periodo: “Dalle analisi della Commissione, in particolare per il caso Romania – sottolinea Medicines for Europe - emerge con chiarezza che le misure di contenimento dei costi drastiche o di breve respiro (es. prezzi di riferimento esterni – ERP, gare a singolo vincitore, payback e tagli dei prezzi) finiscono col compromettere l’affidabilità delle forniture farmaceutiche e , in ultima analisi, la salute dei pazienti.
“L’Ocse, la Commissione Ue e il Consiglio Europeo sono stati unanimi nell’evidenziare l’importanza della disponibilità tempestiva di medicinali generici e biosimili - commenta il direttore generale di Medicines for Europe, Adrian van den Hoven. – Per valutare appieno le potenzialità di generici e biosimilari i Governi europei dovrebbero adottare misure tarate su quattro obiettivi fondamentali: garantire la stabilità del mercato farmaceutico; adottare incentivi chiari all’utilizzo di generici e biosimilari; promuovere standard produttivi elevati riducendo però la burocrazia; sostenere la rinuncia certificato di protezione complementare per promuovere un robusto assett produttivo europeo”.
In questa ottica, Medicines for Europe ha sviluppato e raccolto in un documento appena pubblicato (Medicines for Europe Country Specific Market Access Policies) una serie di Raccomandazioni individuali indirizzate in particolare a Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Bulgaria e Irlanda con l’obiettivo di aiutare l’Europa e gli Stati Membri nello sviluppo di politiche idonee a facilitare l’accesso dei pazienti alle cure.
Le sfide per l’Italia.
Il capitolo dedicato all’Italia riassume in primo luogo i termini i termini economici del problema: nel nostro Paese i farmaci generici coprono appena il 22% del mercato Ssn a volumi e totalizzano il 27,6 % delle vendite a volumi nel canale della vendita al dettaglio, dove si concentra l’85% dei consumi di farmaci fuori brevetto (originator ed equivalenti).
“L’utilizzo dei farmaci equivalenti è andato aumentando nel tempo – commenta in proposito Medicines for Europe – ma resta decisamente basso rispetto ad altri Paesi europei, anche alla luce del fatto che al cittadino basta sostenere una spesa di circa 1 euro per procurarsi l’originator”. Allo stesso modo, prosegue il documento “una resistenza culturale di fondo sta ostacolando i biosimilari, complice l’adozione di politiche divergenti e differenziate da Regione a Regione, laddove gli incentivi all’uso del biosimilare dovrebbero invece essere armonizzati in tutta Italia”.
A valere su queste considerazioni il pacchetto di raccomandazioni indirizzate alle autorità politico-regolatorie nazionali, nel cui ambito il pacchetto più sostanzioso di misure è dedicato proprio all’area dei farmaci equivalenti, prevedendo un doppio ordine di interventi, sia per la farmaceutica territoriale che per i consumi di area ospedaliera.
In particolare per la farmaceutica territoriale si suggerisce di:
- adottare misure che incentivino la prescrizione da parte dei medici e l’erogazione da parte dei farmacisti dei medicinali generici;
- prevedere incentivi alla prescrizione medica attraverso sistemi di e-prescription e linee guida terapeutiche;
- collegare la remunerazione del farmacista agli obiettivi di dispensazione dei farmaci generici;
- abolire il meccanismo del payback per le aziende produttori di farmaci generici;
- prevenire e ostacolare il patent linkage e l’introduzione di gare d’appalto per la distribuzione al dettaglio, riducendo l’onere del contenzioso;
- garantire un quadro normativo stabile all’industria di settore;
- rimuovere gli ostacoli burocratici nel percorso di approvazione dei prezzi e rimborsi promuovendo un accesso più rapido dei pazienti ai farmaci equivalenti.
Mirato al settore dei consumi ospedalieri, invece, il pacchetto di richieste che punta a:
- escludere il settore dei generici dal pagamento del payback;
- prevedere la clausola di rinegoziazione in tutti i contratti di fornitura per garantire la riapertura delle gare alla scadenza di un brevetto farmaceutico;
- fissare quantità di ordini minimi;
- garantire un percorso certo in tutte le fasi della procedura di gara;
- adottare un nuovo meccanismo di determinare il prezzo d’offerta nelle gare pubbliche;
- semplificare le procedure di gara accelerando il processo di digitalizzazione;
Puntano, infine, ad accrescere il rapporto costo-efficacia del settore sanitario promuovendo l’uso dei biosimilari i suggerimenti relativi all’adozione di linee guida ad hoc per l’intercambiabilità dei prodotti, all’avvio di campagne di informazione, sulla loro sicurezza, la qualità ed efficacia, nonché l’adozione di regole su prezzi e rimborsi distinte da quelle indirizzate agli equivalenti, per favorirne lo sviluppo.
Nel pacchetto di primavera del semestre europeo con cui la Commissione Ue ha dettato ieri raccomandazioni specifiche per ciascun Paese, accanto all’invito rivolto agli Stati Membri ad approfittare dell'opportunità offerta dalla ripresa economica per proseguire le riforme strutturali, stimolare gli investimenti e rafforzare le finanze pubbliche figura anche l’esortazione “ad adottare politiche di efficientamento dei sistemi sanitari” con specifico riferimento alla necessità di “garantire equità d’accesso ai servizi sanitari a fronte di budget limitati e di una domanda in costante crescita”.
A sottolinearlo in un comunicato diffuso oggi è Medicines for Europe, l’associazione europea delle aziende produttrici di generici e biosimilari, convinta che i Governi dovrebbero adottare politiche a sostegno dell’utilizzo di questi prodotti per sfruttare i vantaggi concorrenziali da essi generati nel lungo periodo: “Dalle analisi della Commissione, in particolare per il caso Romania – sottolinea Medicines for Europe - emerge con chiarezza che le misure di contenimento dei costi drastiche o di breve respiro (es. prezzi di riferimento esterni – ERP, gare a vincitore di un singolo vincitore, payback e tagli dei prezzi)finiscono col compromettere l’affidabilità delle forniture farmaceutiche e , in ultima analisi, la salute dei pazienti.
“L’Ocse, la Commissione Ue e il Consiglio Europeo sono stati unanimi nell’evidenziare l’importanza della disponibilità tempestiva di medicinali generici e biosimili - commenta il direttore generale di Medicines for Europe, Adrian van den Hoven. – Per valutare appieno le potenzialità di generici e biosimilari i Governi europei dovrebbero adottare misure tarate su quattro obiettivi fondamentali: garantire la stabilità del mercato farmaceutico; adottare incentivi chiari all’utilizzo di generici e biosimilari; promuovere standard produttivi elevati riducendo però la burocrazia; sostenere la rinuncia certificato di protezione complementare per promuovere un robusto assett produttivo europeo”.
In questa ottica, Medicines for Europe ha sviluppato e raccolto in un documento appena pubblicato (Medicines for Europe Country Specific Market Access Policies) una serie di Raccomandazioni individuali indirizzate in particolare a Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Bulgaria e Irlanda con l’obiettivo di aiutare l’Europa e gli Stati Membri nello sviluppo di politiche idonee a facilitare l’accesso dei pazienti alle cure.
Le raccomandazioni per l’Italia.
Il capitolo dedicato all’Italia riassume in primo luogo i termini i termini economici del problema: nel nostro Paese i farmaci generici coprono appena il 22% del mercato Ssn a volumi e totalizzano il 27,6 % delle vendite a volumi nel canale della vendita al dettaglio, dove si concentra l’85% dei consumi di farmaci fuori brevetto (originator ed equivalenti).
“L’utilizzo dei farmaci equivalenti è andato aumentando nel tempo – commenta in proposito Medicines for Europe – ma resta decisamente basso rispetto ad altri Paesi europei, anche alla luce del fatto che al cittadino basta sostenere una spesa di circa 1 euro per procurarsi l’originator”. Allo stesso modo, prosegue il documento “una resistenza culturale di fondo sta ostacolando i biosimilari, complice l’adozione di politiche divergenti e differenziate da Regione a Regione, laddove gli incentivi all’uso del biosimilare dovrebbero invece essere armonizzati in tutta Italia”.
A valere su queste considerazioni il pacchetto di raccomandazioni indirizzate alle autorità politico-regolatorie nazionali, nel cui ambito il pacchetto più sostanzioso di misure è dedicato proprio all’area dei farmaci equivalenti, prevedendo un doppio ordine di interventi, sia per la farmaceutica territoriale che per i consumi di area ospedaliera.
In particolare per la farmaceutica territoriale si suggerisce di:
- adottare misure che incentivino la prescrizione da parte dei medici e l’erogazione da parte dei farmacisti dei medicinali generici;
- prevedere incentivi alla prescrizione medica attraverso sistemi di e-prescription e linee guida terapeutiche;
- collegare la remunerazione del farmacista agli obiettivi di dispensazione dei farmaci generici;
- abolire il meccanismo del payback per le aziende produttori di farmaci generici;
- prevenire e ostacolare il patent linkage e l’introduzione di gare d’appalto per la distribuzione al dettaglio, riducendo l’onere del contenzioso;
- garantire un quadro normativo stabile all’industria di settore;
- rimuovere gli ostacoli burocratici nel percorso di approvazione dei prezzi e rimborsi promuovendo un accesso più rapido dei pazienti ai farmaci equivalenti.
Mirato al settore dei consumi ospedalieri, invece, il pacchetto di richieste che punta a:
- escludere il settore dei generici dal pagamento del payback;
- prevedere la clausola di rinegoziazione in tutti i contratti di fornitura per garantire la riapertura delle gare alla scadenza di un brevetto farmaceutico;
- fissare quantità di ordini minimi;
- garantire un percorso certo in tutte le fasi della procedura di gara;
- adottare un nuovo meccanismo di determinare il prezzo d’offerta nelle gare pubbliche;
- semplificare le procedure di gara accelerando il processo di digitalizzazione;
Puntano infine ad accrescere il rapporto costo-efficacia del settore sanitario promuovendo l’uso dei biosimilari i suggerimenti relativi all’adozione di linee guida ad hoc per l’intercambiabilità dei prodotti, all’avvio di campagne di informazione, sulla loro sicurezza, la qualità ed efficacia, nonché l’adozione di regole su prezzi e rimborsi distinte da quelle indirizzate agli equivalenti, per favorirne lo sviluppo.
“Nel nostro Paese per ogni euro speso per la produzione farmaceutica, si generano 2,09 euro distribuiti su tutti i settori dell'economia nazionale e le scadenze brevettuali dei prossimi 5 anni rappresentano un mercato di circa due miliardi di euro su cui puntare. Ma per capitalizzare l’opportunità industriale offerta dai farmaci equivalenti e dai biosimilari servono regole nuove a partire dalla export exception, di cui ancora si discute a livello europeo, per produrre su scala industriale in vigenza del certificato di protezione complementare (Supplementary Protection Certificate - SPC) ed esportare nei Paesi dove il questo è già scaduto o non è in vigore. Questa misura metterebbe l’Italia al passo con i diretti competitor degli States e avrebbe ricadute occupazionali fino a oltre 4mila nuovi posti di lavoro in più nel settore”.
A tracciare il quadro delle prospettive offerte al comparto dall’attesa deroga al Certificato complementare orientata all’export è stato, Enrique Häusermann, presidente Assogenerici, intervenendo oggi ai lavori degli “Incontri Asis 2017”, meeting annuale dell’Associazione studi sull’industria della salute, in corso a Tirrenia (Pisa).
“Le 60 aziende aderenti ad Assogenerici forniscono farmaci fondamentali per la pratica clinica quotidiana per un fatturato complessivo di 2,6 miliardi (il 37% in media dall’export), garantiscono oltre 10mila posti di lavoro (il 91% a tempo indeterminato) e investono in media 100 milioni di euro annui – ha spiegato Hausermann. Tuttavia il settore si trova oggi ad affrontare un rallentamento della crescita e quindi del suo contributo alla governance del sistema”.
Nel mirino del presidente Assogenerici una regolamentazione brevettuale che ha contribuito a rendere l’India e la Cina due dei paesi di maggiore riferimento per la produzione farmaceutica mondiale: “La necessità di non violare la regolamentazione europea in materia di divieto di produzione su scala industriale di farmaci generici e biosimilari in vigenza di SPC ha spesso imposto agli imprenditori di andare a sviluppare e produrre questi farmaci fuori dal mercato europeo e la maggior parte degli sviluppatori/produttori di farmaci nei paesi extra-UE ha imposto accordi di esclusiva per la produzione che superano la scadenza brevettuale garantita dall’SPC, costringendo le multinazionali a mantenere la produzione al di fuori dell'UE” - ha spiegato. - “È per questo complesso di cause che l'industria italiana rischia di non capitalizzare l’opportunità industriale offerta dai farmaci generici: una proroga del brevetto paragonabile all’SPC europeo non esiste in altri Paesi nostri concorrenti come India, Cina, Argentina, Brasile; in altri Paesi, come il Canada, esiste una deroga all’esportazione, mentre i nostri diretti competitor, gli Usa, hanno protezioni brevettuali in media più brevi per la rapidità di arrivo sul mercato di nuovi prodotti”.
Per questo la cosiddetta "Spc Export Exception", ovvero una deroga al Certificato complementare orientata all’export, consentirebbe alle aziende di equivalenti e biosimilari la produzione di farmaci in vigenza dell’SPC per esportare in Paesi in cui il brevetto o l’SPC è già scaduto, riducendo il bias regolatorio con i Paesi concorrenti, ristabilendo una concorrenza leale, rafforzando la competitività dell'industria farmaceutica italiana e creando nuova occupazione, il tutto senza creare danno alle produzioni farmaceutiche coperte da brevetto.
“Nel luglio scorso la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo nella sua relazione sulla strategia del mercato unico si è espressa proprio a favore della "Spc export exception" e ha sancito l'impegno per la Commissione europea a introdurre la misura - ha concluso Häusermann. - Speriamo che l’Europa prosegua con determinazione su questa strada e che anche l'Italia si apra a questa possibilità”.
Parcheggiati in Pronto Soccorso, dopo aver ricevuto le prime cure, in attesa di un posto letto capace di accoglierli. È l’esperienza quotidiana di almeno 3mila pazienti al giorno. Ed è anche la cartina di tornasole della patologia da “sovraffollamento” che affligge le strutture del Ssn. Il dato emerge dalla stima fatta da Simeu (Società italiana della medicina di emergenza-urgenza) sulla base di una raccolta dati, il cui risultato è stato diffuso oggi in occasione della IV Settimana Nazionale del Pronto Soccorso, in programma dal 13 al 21 maggio in tutte le principali città italiane, a dedicata quest’anno proprio al “Sovraffollamento nel Sistema di Emergenza Urgenza”.
“È un problema di sistema che schiaccia sia il paziente sia il professionista dell'emergenza”, spiega il presidente nazionale Simeu, Maria Pia Ruggieri, convinta che “l'alleanza tra i cittadini nei due ruoli è il valore aggiunto della Settimana del Pronto Soccorso di Simeu, occasione di confronto tra operatori, pazienti, istituzioni nelle diverse sedi”. E la rilevazione - denominata Prontosett e realizzata il 13 marzo scorso su un campione di 243 Pronto Soccorso su tutto il territorio nazionale – non lascia dubbi in merito: voleva essere “una istantanea della situazione dei pronto soccorso italiani in un qualsiasi lunedì dell’anno, non interessato da emergenze stagionali come l’epidemia influenzale o il caldo estivo è tale è stata.
I nosocomi che hanno aderito all’iniziativa hanno accolto nel 2016 circa 11 milioni di pazienti, pari al 52% degli accessi di tutti i PS italiani del 2015 (dati PNE 2015 della Salute) : alle ore 14 del 13 marzo – rede noto il Simeu - erano presenti 9.043 pazienti dei quali 1.560, dopo aver ultimato il percorso clinico in urgenza, erano in attesa di posto letto per ricovero in ospedale. Da questi dati si può stimare che, al di fuori di eventi eccezionali stagionali, ogni giorno oltre 3000 pazienti attendono nei pronto soccorso un posto letto, attesa che può durare anche per diversi giorni e nella maggior parte dei casi su barelle.
Dall’intervista, che ha coinvolto 64 DEA di secondo livello e 122 Dea di primo livello è emerso peraltro che la maggior sofferenza si registra nei grandi ospedali metropolitani: gli stessi che nel PNE 2015 mostrano una permanenza in pronto soccorso oltre le 12 ore superiore al 10%.
La IV edizione della Settimana nazionale del Pronto Soccorso – organizzata come le precedenti in partnership con il Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva - sarà l’occasione per ribadire gli obiettivi “Policy Statement sul Sovraffollamento dei Pronto Soccorso”, pubblicato nel novembre 2015 con l’obiettivo di individuare i punti fondamentali su cui è necessario un impegno comune delle istituzioni, delle aziende ospedaliere e delle singole strutture.
“Il Pronto Soccorso è l’unico presidio del SSN attivo h24 sette giorni su sette, sempre pronto a rispondere al bisogno di salute della collettività, un servizio nel quale i cittadini ripongono molta fiducia nonostante in alcuni casi i disagi dovuti alle attese, un servizio che tra l’altro si fa carico ogni giorno anche di alcune inefficienze che esistono all’interno degli altri reparti ospedalieri e nei servizi sanitari territoriali - commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del TDM-Cittadinanzattiva. – Per questo va sostenuto, rafforzato e migliorato garantendo l’attivazione in tutti i PS dell’Osservazione Breve Intensiva (OBI) con posti letto dedicati, ad oggi non attiva in molti PS, una migliore e più trasparente gestione dei posti letto degli altri reparti ospedalieri, una più attenta politica del personale e attraverso l’adozione da parte di tutte le strutture sanitarie della Carta dei Diritti al Pronto Soccorso di Cittadinanzattiva-TDM e Simeu diffusa in tutte le Regioni d’Italia”.
Lo sblocco del turnover per il personale sanitario, il reintegro per una quota complessiva pari a 200 milioni di euro del Fondo politiche sociali e del Fondo per la non autosufficienza, vittime eccellenti del super-taglio al welfare frutto dell'intesa Stato e Regioni del 23 febbraio sul contributo degli enti locali all'equilibrio di bilancio e una norma aggiuntiva che impedisca alle Regioni di fare un uso alternativo delle risorse in essi stanziati.
E ancora: percorsi ad hoc per l’acquisto degli ausili destinati ai disabili gravi, il rinnovo della convenzione coi Caf per la compilazione degli Isee, la revisione delle norme sull’edilizia sanitaria.
E' condito di queste sei osservazioni il parere favorevole con cui la Commissione Affari Sociali della Camera ha concluso ieri l’esame, in sede consultiva, del Ddl di conversione in legge del Dl 50/2017, la cosiddetta "Manovrina", in scadenza il 23 gugno (AC. 4444).
Queste, in sintesi, le richieste contenute nello schema di parere favorevole predisposto dalla Relatrice Donata Lenzi (PD):
- inserire nella parte concernente le assunzioni di personale, elementi di graduale flessibilità riguardo ai vincoli vigenti sulla spesa e sulla dotazione del personale nel settore sanitario, al fine favorire lo sblocco del turnover;
- introdurre una disposizione volta a prevedere che il decreto di cui all'articolo 64, comma 3, del DPCM 12 gennaio 2017 (LEA) fissi le tariffe massime per l'acquisto di quegli ausili di serie che, per le loro caratteristiche e per le peculiari necessità funzionali dell'utenza cui sono destinati, devono essere specificamente individuati ed allestiti ad personam attraverso un appropriato percorso valutativo condotto da un’équipe multidisciplinare, al fine di assicurare un'adeguata assistenza protesica alle persone con disabilità grave e complessa;
- disporre specifiche misure al fine di reintegrare il Fondo nazionale per le politiche sociali e il Fondo per le non autosufficienze per un ammontare corrispondente alla riduzione operata a seguito dell'Intesa sancita in sede di Conferenza Stato-regioni il 23 febbraio 2017, concernente il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per il 2017, pari, con riferimento ai predetti Fondi, a oltre 200 milioni di euro;
- prevedere una disposizione che vincoli il finanziamento del Fondo sanitario nazionale e i trasferimenti al Fondo nazionale per le politiche sociali e al Fondo per le non autosufficienze alle loro rispettive destinazioni senza che le regioni abbiano la possibilità di utilizzare tali somme per il conseguimento del concorso regionale agli obiettivi di finanza pubblica;
- riconsiderare la disposizione dell'articolo 31 relativa al finanziamento degli interventi di edilizia sanitaria;
-Rprevedere una disposizione che consenta tempestivamente il rinnovo della convenzione concernente il servizio di compilazione dell'ISEE presso i Centri di assistenza fiscale (CAF).
Non chiamateli “medicinali” ma “preparati”. E non basta dire che non hanno “indicazioni terapeutiche approvate”, ma bisogna specificare anche che si tratta di prodotti di “efficacia non convalidata scientificamente”. Ad avanzare la richiesta della massima trasparenza informativa nelle etichette dei prodotti omeopatici è il Comitato nazionale di bioetica (Cnb), che oggi ha pubblicato sul sito della Preidenza del Consiglio la “Dichiarazione sull’etichettatura dei preparati omeopatici e sulla trasparenza dell’informazione”.
Secondo le norme vigenti - spiega il Cnb - i preparati omeopatici in commercio in Italia non recano specifiche indicazioni terapeutiche sull’etichetta, né tra le informazioni di qualunque genere riferite ai singoli preparati: alla dicitura “medicinale omeopatico” si accompagna soltanto la specifica “senza indicazioni terapeutiche approvate”. Un po’ poco, dice il Cnb, per onorare l’esigenza di “assicurare la necessaria trasparenza informativa e il rigore che sono un pre-requisito essenziale per la commercializzazione di qualsiasi farmaco".
La richiesta degli esperti – anche in vista della necessità di rinnovare l'AIC di tutti i medicinali omeopatici entro il 30 giugno 2017, come previsto dalla Legge di Stabilità 2015 – è dunque quella di parlare, sia nell’etichettatura che nel foglio illustrativo, di “preparati” e non di “medicinali”, specificando l’assenza di convalide scientifiche, nonché di prevedere che la denominazione scientifica del ceppo o dei ceppi omeopatici sia accompagnata dalla traduzione italiana per rendere il tutto più chiaro e senza equivoci.
Chiusura tombale dei ricorsi in tema di payback, pubblicazione a stretto giro del ripiano definitivo 2016 e ide quello provvisorio 2017, accesso rapido ai farmaci che possiedono un chiaro valore terapeutico aggiunto rispetto alle alternative disponibili. Questi secondo il DG dell'Aifa, Mario Melazzini - ascoltato oggi dalla Commissione Affari Sociali della Camera - i vantaggi promessi dalle norme in materia farmaceutica inserite agli articoli 29 e 30 nel decreto-legge n. 50/2017 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppoche avranno un impatto diretto sul sistema farmaceutico - AC4444), la "Manovrina" in scadenza il 23 giugno.
“Le disposizioni in tema di flusso delle prestazioni farmaceutiche (art. 29) – ha affermato Melazzini – hanno l’obiettivo di affrontare e risolvere i problemi relativi alla tracciabilità, alla trasmissione e all’elaborazione dei dati, che hanno finora originato numerosi contenziosi con le aziende, causando ritardi nei ripiani dello sfondamento della spesa farmaceutica. La norma prevede infatti, per il 2016 e il 2017, che l’Agenzia possa avvalersi dei dati riportati nelle fatture elettroniche attraverso il Sistema di interscambio individuato dal Ministero dell'economia e delle finanze. Inoltre, a decorrere dal 2018, nelle fatture elettroniche emesse nei confronti degli enti del Ssn per acquisti di prodotti farmaceutici dovranno essere riportate le informazioni sul codice AIC e il corrispondente quantitativo. In tal modo, si potranno evitare quelle anomalie nel flusso informativo che hanno generato i contenziosi e comunque avremo un quadro normativo chiaro che ci consentirà di evitare o gestire meglio eventuali ulteriori contenziosi”.
“Per quanto riguarda invece i farmaci innovativi – ha proseguito Melazzini – l’articolo 30 del decreto-legge interviene per chiarire quali abbiano diritto di accedere alle risorse dei fondi previsti dalla Legge di bilancio 2017 (il Fondo dei farmaci innovativi e il Fondo dei farmaci innovativi oncologici). La norma prevede infatti che tale accesso sia consentito solo ai farmaci cui l’AIFA assegna il requisito dell’innovatività terapeutica reale. Vengono pertanto esclusi i medicinali con innovatività condizionata – cioè farmaci la cui innovazione farmacologica è da considerarsi potenziale – i quali vengono inseriti esclusivamente nei prontuari terapeutici regionali”.
“L’obiettivo della normativa – ha ricordato Melazzini – è garantire, armonizzandolo sul territorio nazionale, un rapido accesso a farmaci che possiedono un chiaro valore terapeutico aggiunto rispetto alle alternative disponibili e incentivare lo sviluppo di farmaci che offrano sostanziali benefici terapeutici per i pazienti. A tale scopo - ha concluso - l’AIFA, con la determina dello scorso 31 marzo 2017, ha individuato i criteri per la classificaione dei farmaci innovativi e degli oncologici innovativi, come richiesto dalla Legge n. 232/2016, adottando un approccio multidimensionale che tiene conto di tre elementi fondamentali: il bisogno terapeutico, il valore terapeutico aggiunto e la qualità delle prove ovvero la robustezza degli studi clinici”.
I numeri del contenzioso
Per quanto riguarda il payback, i termini economici della questione sono noti: il DL 113/2016 (enti locali) ha previsto l’istituzione del cosiddetto “Fondo per payback 2013-2014-2015” nel quale le aziende farmaceutiche avrebbero dovuto versare le quote di ripiano a proprio carico nella misura del 90% per il 2013 e il 2014, e nella misura dell’80% per il 2015.
L’Aifa aveva quantificato il totale degli importi dovuti in circa 1.500 milioni: di questi ne sono stati finora versati dalle aziende circa 882 milioni, stante la scelta compiuta da numerose aziende di versare solo quote parziali o di non versare affatto, in attesa degli esiti dei ricorsi promossi contro i provvedimenti predisposti dall’AIFA. Oltre 735 milioni sono stati già scontati nei conti economici degli enti sanitari locali relativi al 2015 a valere su questa cifra, dunque l’ISTAT ha rivisto a ribasso la spesa dei consumi intermedi registrata nei conti economici del 2016 di 147 milioni, pari alla differenza tra atteso e incassato.
Nel frattempo Aifa ha inaugurato la tornata di audizioni con le singole aziende per l’assegnazione definitiva del budget 2016, base di partenza per l’avvio del nuovo eventuale percorso di ripiano: l’intenzione dichiarata dall’Agenzia sarebbe quella di concludere entro maggio i confronti nel corso dei quali le aziende possono proporre in contraddittorio i dati di budget da esse stesse riconosciuti validi.
Come è noto a paralizzare di fatto l’iter del payback erano state le sentenze del Tar Lazio che, a partire dall'aprile 2016, avevano annullato annullato le richieste avanzate dall’Aifa ad aziende farmacisti e grossisti per il ripiano degli sfondamenti della spesa farmaceutica ospedaliera e territoriale del 2013. Contro le sentenze in questione né Aifa né le Regioni hanno proposto appello e l’intero iter è rimasto boccato in concomitanza con la sospensione dell’attività di budgeting dell'Agenzia stessa con riferimento agli anni 2014 e 2015.
Proprio in questi ultimi mesi - come ribadito da Melazzini - si sta lavorando alla definizione degli importi dovuti per il 2013, 2014 e 2015 dalle aziende ed è stata messa in campo l’ipotesi di una soluzione transattiva con “sconti” rispetto all'ammontare dei ripiani stimati.
Per la piena operatività della procedura - che consentirebbe anche alle Regioni di accedere agli importi già versati dalle aziende - sarebbe però necessaria una norma aggiuntiva da inserire proprio nella "Manovrina" all'esame della Camera.
Ottantuno farmaci per uso umano, di cui 27 contenenti nuovi principi attivi; 14 biosimilari; 11 farmaci per uso veterinario, di cui 6 contenenti nuovi principi attivi. È questo il bilancio dell’attività autorizzativa svolta nel 2016 dall’EMA, l’Agenzia europea dei medicinali che oggi ha pubblicato il proprio Report annuale 2016, da cui emerge anche il bilancio relativa all’attività di monitoraggio compiuta sui medicinali già presenti sul mercato, concretizzatasi nell’aggiornamento sono state aggiornate delle informazioni di sicurezza per oltre 300 specialità per uso umano.
In particolare, per otto degli 81 medicinali che hanno ricevuto un parere positivo nel 2016, si è trattato di conditional marketing authorisations (CMA): la procedura, introdotta nel 2006, consente l'approvazione precoce di un farmaco a fronte di dati clinici meno completi di quelli normalmente richiesti a fronte di specifici obblighi post-autorizzativi sulla raccolta dei dati imposti alle aziende. Sette sono stati invece i nuovi farmaci che hanno ricevuto l’AIC in base ad un accelerated assessment, la procedura riservata ai farmaci che hanno possono potenzialmente soddisfare gli unmeet needs dei pazienti: tra questi un farmaco in precedenza autorizzato da autorità extra-UE.
Infine, sempre nel 2016, il CHMP dell’Ema ha adottato 59 raccomandazioni favorevoli all’estensione delle indicazioni terapeutiche per prodotti già in commercio, giudicando in cinque casi talmente significative le nuove indicazioni da garantire un anno in più di copertura esclusività del mercato al prodotto in questione. Il bilancio complessivo
Queste le altre linee di tendenza emergenti dal Rapporto per le singole aree di competenza dell’Agenzia:
Scientific advice. Le richieste di consulenza scientifica sono aumentate del 20% rispetto al 2015 e hanno riguardato nella gran parte dei casi medicinali già autorizzati: oltre metà delle richieste di consulenza hanno riguardato aspetti clinici; il 56% delle richieste medicinali in Fase III. In crescita durante l’anno le richieste di consulenza da parte delle Pmi per un totale di 177 (+10% rispetto al 2015) su un totale di 582.
Supporto alle PMI. Nel 2016 l’ufficio PMI dell’Agenzia - creato nel 2006 - ha gestito 174 richieste di assistenza diretta sugli aspetti amministrativi o regolamentari e organizzato 13 incontri di briefing per aiutare le PMI che non conoscono il sistema normativo dell'UE.
Orphan-medicine designation. Richieste in crescita per le domande relative ai farmaci orfani che nel 2016 hanno toccato quota 329 contro le 258 nel 2015: quasi metà delle domande si sono avvalse della consulenza dell’Agenzia per la gestione del dossier. Nel 2016 la Commissione Ue ha sostenuto lo sviluppo di farmaci per le mattie rare con uno stanziamento di oltre 12 milioni di euro: più del 50% dei finanziamenti sono stati utilizzati a supporto dei protocolli di sviluppo dei medicinali e circa il 30% per la valutazione delle domande di commercializzazione.
Farmaci pediatrici. Su questo tema la Commissione Ue ha avviato nel 2016 una consultazione pubblica per valutare l'impatto del regolamento pediatrico a dieci anni dalla sua adozione i cui risultati saranno pubblicati entro fine anno. L’articolo 46 del Regolamento impone alle aziende titolari dell’AIC di produrre studi sull’uso pediatrico dei prodotti già in commercio: gli studi pediatrici valutati dall’Agenzia nel 2016 ai sensi dell’articolo 46 sono stati 121.
Terapie avanzate. Domande in crescita nel 2016 anche per le Advanced-therapy medicinal products (ATMPs): le raccomandazioni adottate nel 2016 sono state 87 contro le 31 del 2015, a fronte di un numero costante di domande presentate (61 nel 2015 e 60 nel 2016).
Ha quotato 2,5 miliardi di dollari nel 2014 e 3,30 miliardi di dollari nel 2016. Ma nel 2023 e nel e si prepara a tagliare - superandolo - il traguardo dei 10 miliardi di dollari. E’ il recentissimo oroscopo del mercato mondiale dei biosimilari tracciato dal Report che Research and Markets dedica al comparto prevendendo per il settore un CAGR tra il 25,0% e il 26,0% rispetto al 2017 fino al 2023.
Secondo gli analisti di Research and Markets fattori cruciali di crescita saranno l’aumento della consapevolezza sui biosimilari tra pazienti e i medici e l’aumento della popolazione in età geriatrica che dovrebbe determinare l’aumento del numero di pazienti con patologie croniche, in particolare il diabete e il cancro. A giocare un ruolo chiave saranno però ance le politiche di rimborso di vari governi e gli interessi crescenti delle compagnie di assicurazione, interessate a rendere i biosimilari accessibili.
Le principali criticità - sottolinea lo studio – sono rappresentate dalla complessità e dai costi elevati della produzione, dalle politiche di regolamentazione poco chiare in molti Paesi e dalla mancanza di linee guida chiare per l'intercambiabilità o la sostituzione degli originatori con i biosimilari.
I prezzi decisamente contenuti rispetto a quelli degli originatori dovrebbero tuttavia spalancare per i biosimilari anche le porte dei Paesi in via di sviluppo offrendo nuove opportunità ai principali attori del mercato biosimilare mondiale. Tra frecce all’arco dei principali player del settore anche le partnership strategiche che potrebbero avere per oggetto la produzione di più biosimilari nella stessa struttura di produzione e l'esternalizzazione della produzione a terzi.
L’introduzione dei farmaci biosimilari nel mercato europeo ha determinato, nel tempo, riduzioni del costo delle terapie tra il 10% e il e il 50% nelle diverse aree terapeutiche: il caso più eclatante è rappresentato dall’Epoetina in Portogallo, dove l’onere per giorno di trattamento è diminuito nel giro di un anno del 66%. Performance altrettanto rilevati si sono però registrate ad esempio per l’ormone della crescita (HGH) in Finlandia (-52%), per i fattori di crescita granulocitari in Romania (-62%), per gli anti-TNF in Svezia (-39%).
Il dato è contenuto nel Rapporto “The Impact of Biosimilar Competition in Europe”: datato maggio 2017 e realizzato da Quintiles IMS su richiesta dei servizi della Commissione europea con il contributo di EFPIA, Medicines for Europe e EuropaBio è stato presentato venerdì scorso a Bruxelles assieme alla Guida Ema – Commissione Ue sui biosimilari indirizzatata agli operatori sanitari.
Il documento – basato sui dati di mercato 2016 – aggiorna la prima edizione, pubblicata nel 2015, proponendo quattro set di indicatori (Key Performance Indicators ) che analizzano la penetrazione dei biosimilari sul mercato utilizzando l’unità di misura delle giornate di trattamento.
Dal punto di vista dei singoli prodotti, a registrare la riduzione più vistosa dei listini sono stati i mercati delle epoetine e dei fattori di crescita granulocitari (con una diminuzione media del -27% del costo del trattamento giornaliero in media sul totale del mercato), seguiti dal mercato dell’ormone della crescita (-15%) e dell’anti-TNF (-10%).
“Il Rapporto evidenzia una realtà che già conosciamo – commenta Manlio Florenzano, coordinatore dell’Italian Biosimilars Group (IBG). – In tutti Paesi è stata registrata una consistente riduzione media dei prezzi nelle aree terapeutiche in cui sono stati introdotti biosimilari perché la pressione concorrenziale si riflette non solo sul prodotto comparabile bensì sull’intera classe terapeutica”. “Per questo – conclude Florenzano - il Rapporto indica con chiarezza la necessità di garantire la presenta del massimo numero di player sul mercato per realizzare i migliori risultati nel lungo periodo, abbandonando le politiche tese a limitare il numero dei concorrenti attivi, efficaci forse a brevissimo termine ma destinate a fallire l’obiettivo condiviso dai Paesi europei, di un sempre maggiore ampliamento della platea dei pazienti che hanno accesso alle cure innovative e costose. Poiché è innegabile che - al di là degli aspetti puramente economici - la compresenza sul mercato di una maggiore scelta di principi attivi – biologici e biosimilari - in ciascuna area terapeutica rappresenta sia per il medico che per il paziente la miglior garanzia di poter accedere alle cure più appropriate per ciascuna condizione patologica”.
La stretta sugli innovativi, per garantire che i fondi ad hoc stanziati con la Legge doi Bilancio 2017 vadano a chi davvero può definirsi tale; le fatture elettroniche per dare una mano all'Aifa nel computo di tetti, disavanzi e debiti; più spazio agli investimenti a favore delle Regioni e immigrati irregolari affidati alle cure della Salute e non dell'Interno. Questo il succo delle norme di interesse sanitario contenute nel DL 24 aprile 2017 recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”, ovvero la cosiddetta "manovrina" da 3,4 miliardi varata dal Governo l'11 aprile scorso.
Di seguito i contenuti articolo per articolo.
Articolo 29. Flussi informativi delle prestazioni farmaceutiche
Comma 1 - Stabilisce che per il monitoraggio della spesa sostenuta per l'assistenza farmaceutica per acquisti diretti l’AIFA può avvalersi dei dati di fatturato delle aziende farmaceutiche recati dalla fattura elettronica attraverso il Sistema di interscambio, disponibili presso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni. Le modalità di utilizzo saranno definite con i Ministeri dell’economia e della salute.
Comma 2 - Introduce l’obbligo, a decorrere dal 2018, di indicare nelle fatture elettroniche emesse nei confronti degli enti del SSN per acquisti di prodotti farmaceutici, le informazioni sul Codice di AIC e il corrispondente quantitativo. Sempre dal 2018, le fatture elettroniche emesse nei confronti degli enti del SSN dovranno essere rese disponibili all’AIFA. Un decreto dei Ministeri dell’economia e della salute dovrà disciplinare: le modalità tecniche di indicazione dell’AIC sulla fattura; le modalità di accesso da parte di AIFA ai dati contenuti nelle fatture ai fini della loro acquisizione per l’assolvimento dei compiti istituzionali dell’Agenzia. Inoltre, sancisce il divieto degli enti del SSN di effettuare pagamenti di corrispettivi di fatture che non riportino le informazioni relative all’AIC e ai quantitativi forniti.
Comma 3 - Clausola di invarianza finanziaria
Articolo 30. Altre disposizioni in materia di farmaci
Comma 1 - Chiarisce che i farmaci ai quali è stato riconosciuto il requisito dell’innovatività condizionata sono inseriti di diritto nei Prontuari terapeutici regionali, ma non accedono ai Fondi istituiti dai commi 400 e 401 della legge di bilancio 2017 per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto rispettivamente, dei medicinali innovativi e dei medicinali oncologici innovativi.
Articolo 31. Edilizia sanitaria
Comma 1 - Prevede una deroga alla normativa vigente stabilendo che le somme ammesse a finanziamento nel 2017 per interventi di edilizia sanitaria compresi in accordi di programma sottoscritti nel 2016 sono accertate in entrata dalle regioni nel 2018.
Articolo 32. Trasferimento competenze in materia sanitaria per stranieri
Comma 1 - Prevede che il trasferimento dal Ministero dell’interno al Ministero della salute delle competenze relative al finanziamento delle prestazioni sanitarie urgenti od essenziali agli stranieri non in regola con le norme sul soggiorno venga attuato con decorrenza dal 1° gennaio 2017.
Comma 2 - Stabilisce che il Ministero della salute si faccia carico del pregresso a seguito di una ricognizione da effettuare con le Regioni e le prefetture da concludere entro il 30 aprile 2017.
Comma 3 - Prevede che lo stanziamento delle risorse avvenga sulla base delle prestazioni effettivamente erogate agli stranieri irregolari, desumibili dagli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute con riferimento all’anno precedente o comunque all’ultimo anno disponibile e consolidato.
Articolo 33. Spazi finanziari per investimenti in favore delle Regioni
Comma 1 - Introduce un comma aggiuntivo nella legge di bilancio 2017 (comma 495-bis) al fine di derogare per il 2017 alle modalità di attribuzione e ripartizione degli spazi finanziari concessi alle regioni dalla legge di bilancio 2017 e favorire (per il triennio 2017-2019) gli investimenti. Il comma aggiuntivo stabilisce la ripartizione dei 500 milioni stanziati per il 2017 sulla base di una tabella in cui è riportata la quota spettante a ciascuna regione a statuto ordinario. Le regioni utilizzano gli spazi finanziari indicati per effettuare investimenti nuovi o aggiuntivi negli anni 2017 – 2021. Entro il 31 luglio di ciascun anno la regione dovrà adottare gli atti necessari all’impiego delle risorse e ad assicurare l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno della quota indicata in tabella. Entro il 31 marzo dell’anno successivo le regioni certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti si applicano le sanzioni previste per il mancato raggiungimento del pareggio di bilancio.
Articolo 34. Disposizioni sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale
Comma 1 - Modifica la norma di deroga contenuta nella legge di stabilità 2016 che, per il 2016, esclude il computo, ai fini dell’obbligo del pareggio di bilancio, di alcuni impegni contabili inerenti alla spesa sanitaria, estendendo detta deroga anche ai casi di impiego di attivo della gestione sanitaria relativo ad anni precedenti il 2015.
Comma 2 - Proroga per il 2017 una disposizione transitoria già prevista per gli anni 2012-2016, relativa ai criteri per il riparto della quota premiale prevista nell'ambito del finanziamento del SSN a favore delle regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e che abbiano introdotto misure idonee a garantire l’applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere. La norma transitoria oggetto della proroga prevede che il Ministro della salute, di concerto con il MEF e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, stabilisca il riparto della quota premiale, tenendo anche conto di criteri di riequilibrio, indicati dalla Conferenza delle regioni.
Comma 3 - Prevede, con riferimento alle quote vincolate di finanziamento del SSN, che il riparto sia effettuato entro il 31 luglio dell’anno di riferimento (fatti salvi i diversi termini specifici stabiliti dalla legislazione vigente), secondo i criteri e i dati ultimi disponibili, e che nelle more della deliberazione del CIPE, il MEF sia autorizzato ad erogare alle regioni fino all’80% degli importi assegnati, purché non siano stabilite altre condizioni specifiche dalle norme vigenti e fatti salvi i diversi regimi di anticipazione delle risorse.
Comma 4 - Modifica - con decorrenza dal 2017, ma con possibilità di applicazione anche al 2016 e agli anni precedenti - la disciplina sulle quote di compartecipazione delle regioni a statuto ordinario all'IVA e sulle relative anticipazioni finanziarie. La compartecipazione non può essere inferiore, per ciascuna regione, a quella stabilita in sede di riparto del fabbisogno sanitario nazionale e di individuazione delle relative quote di finanziamento.
Ogni dollaro speso per far disinfettare le mani ai chirurghi si traduce in un risparmio di 23.70 dollari per la struttura sanitaria in cui opera. E' solo uno dei dati rivisitati dall'European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) che in un rapporto appena pubblicato riassume le valutazioni economiche e le analisi di costo/ efficacia associate al controllo e alla prevenzione dele infezioni associate all'assistenza HealthCare-associated infections- HAI): quelle, cioè, che attendono al varco il paziente già defedato (e costretto al ricovero ospedaliero.
Obiettivo dell'operazione - una rassegna aggiornata della letteratura internazionale in materia - riepilogare le valutazioni economiche e analizzare il rapporto costo/efficacia associato al controllo e alla prevenzione del fenomeno per supportare i decisori pubblici e le autorità sanitarie nella pianificazione degli interventi da attuare per sconfiggere quella che continua a rappresentare una epidemia iniqua perché prevenoibile. Quella delle infezioni ospedaliere che ogni anno totalizzano - solo in Europa - 3,2 milioni di casi per un totale di 37mila decessi tra infezioni del sito chirurgico, delle vie urinarie, polmoniti, infezioni del sangue e gastrointestinali, tanto per citare le categorie più "gettonate".
Le iniziative per prevenire e controllare le HAI - sottolinea il Rapporto - si sono concentrate finora soprattutto su misure essenziali come l'uso corretto degli antibiotici, la promozione dell’igiene delle mani, la decontaminazione, lo screening e la decolonizzazione. La riduzione dell’incidenza delle HAI dovute allo staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) cui si è assistito, negli ultimi anni, in diversi Paesi europei dimostra l’efficacia di tali provvedimenti - scrivono i ricercatori europei - ma non è sempre agevole stabilire quali altri interventi siano economicamente sostenibili.
La revisione si è basata su un numero totale di ventotto indicatori: quattro per la valutazione degli interventi sull’igiene, tre per quella delle attrezzature di protezione individuale e ventuno per la valutazione delle strategie di screening, isolamento e decolonizzazione. Il risultato dell'analisi ha consentito di stilare una curiosa e utile classifica: al top per costo-efficacia l'igiene delle mani per il personale ospedaliero, l'alloro del costo-efficienza agli interventi di isolamento/decolonizzazione e agli interventi con dispositivi di protezione individuale), mentre alcuni interventi di isolamento/decolonizzazione sono risultati addirittura inefficaci.
L'analisi dell'ECDC conclude evidenziando la necessità di un quadro condiviso a livello europeo basato sulla standardizzazione delle pratiche dei criteri di valutazione realizzabile solo in base a studi di qualità elevata, capaci di stabilire l'efficicia clinica dei singoli interventi, andando oltre la semplice valutazione del rapporto costo-efficacia. In caso contrario - avverte - le scelte basate su prove eterogenee e deboli potrebbero rivelarsi costose e inadeguate.
Dal prossimo anno scolastico per accedere al nido e alle scuole d’infanzia i bimbi triestini dovranno essere obbligatoriamente sottoposti a vaccinazione antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica e antiepatite virale B. Il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata da due famiglie triestine contro la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia che aveva giudicato valida la delibera del Comune di Trieste sull’obbligo di vaccinazione per l’accesso ai servizi educativi da zero a 6 anni. Delibera nata sull’onda della constatazione che Trieste registra per tutte e quattro le vaccinazioni percentuali di adesione ben al di sotto della soglia del 95% identificata come capace di garantire l’immunità di gregge.
Il Consiglio di Stato Consiglio di Stato ritenuto l’ obbligo di vaccinazione coerente con il sistema normativo generale in materia sanitaria e con le esigenze di profilassi imposte dai cambiamenti in atto e non ha rilevato conflitti i principi di precauzione né con quello di proporzionalità, riconoscendo - come già in precedenza il Tar – che la tutela della salute in età prescolare prevale sulle responsabilità genitoriali.
Il caso di Trieste, destinato a fare giurisprudenza, è il segnale di una importante inversione di tendenza dopo i reiterati allarmi legati al calo delle vaccinazioni sotto la soglia minima raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità, e cioè del 95% della popolazione.
Il dibattito sul ripristino dell’obbligo vaccinale scolastico - cancellato nel 1999, dopo oltre trent’anni di onorato servizio - era stato riaperto a inizio anno nel corso di un incontro tra il ministro della Salute e gli assessori regionali alla sanità a inizio anno, all’indomani del via libera della Stato-Regioni al Piano nazionale vaccini 2017-2019, quando la Lorenzin sie era riservata di portare la questione all'attenzione del Governo. Nel frattempo sia l’Emilia Romagna che la Toscana hanno adottato leggi che reintroducono l’obbligo in ambito regionale. E anche il Consiglio regionale lombardo – nonostante la contrarietà all’obbligo espresso a suo tempo dell'assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, ha finito con l’approvare una mozione in materia.
Rispondono al nome di Pbrer, Rmp e Pass e sono i report che le aziende farmaceutiche che producono i vaccini sono tenute a predisporre per monitorare l’intero ciclo di vita del prodotto, documentando passo passo i dati relativi a sicurezza ed efficacia. L’informazione è contenuta nel documento “La vaccinovigilanza in Italia: ruolo e obiettivi” pubblicato da Aifa con l’obiettivo di fornire una sintetica panoramica delle attività connesse alla vigilanza sui vaccini, compresa la valutazione del nesso di causalità, facendo chiarezza sulle buone pratiche previste per le imprese produttrici e sui monitoraggi effettuati dalla Rete nazionale di Farmacovigilanza (Rnf).
Affidato in particolare al Periodic Benefit Risk Evalution Report (Pbrer), il compito di presentare i dati relativi alla sicurezza e alla valutazione del beneficio basata sui dati di efficacy ed effectiveness, mentre è il Risk Management Plan (Rmp) - obbligatorio dal 2012 - a descrivere l'insieme delle attività di farmacovigilanza e interventi adottati dall’azienda per identificare, caratterizzare, prevenire e minimizzare i rischi relativi al prodotto. Sono invece infine i post-authorization safety studies (Pass) ad identificare, caratterizzare o quantificare un rischio, confermare il profilo di sicurezza o valutare l'efficacia delle misure di minimizzazione del rischio (risk management measures) adottate dalle aziende titolari dell'Aic.
Redatto dal Gruppo di Lavoro per la Vaccinovigilanza, istituito dall’AIFA con determina del 30 luglio 2014 e costituito da rappresentanti dell’Agenzia, del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità e dei Centri Regionali di Farmacovigilanza e di Prevenzione e con la partecipazione ad hoc di esperti nazionali, il documento è un vero e proprio “sussidiario” degli strumenti utilizzati per monitorare l’uso sicuro dei vaccini e delle attività di farmacovigilanza relative alla raccolta, valutazione, analisi e comunicazione degli eventi avversi che seguono l'immunizzazione (Adverse Event Following Immunization o Aefi).