Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si intende per generico un medicinale che sia intercambiabile con il prodotto originale, e che viene messo in commercio dopo la scadenza del brevetto e del certificato complementare di protezione del prodotto originale stesso.

Il generico equivalente è un medicinale a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente, non protetto da brevetto o da Certificato Complementare di Protezione (CCP), identificato dalla Denominazione Comune Internazionale (DCI) del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla Denominazione Scientifica del Medicinale, seguita dal nome del titolare AIC, che sia bioequivalente rispetto ad una specialità già autorizzata, con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche (Legge n. 425 dell’8 agosto 1996, di conversione del D.L. 323 del giugno 1996, Art 1, comma 3.)

Il commercio dei generici equivalenti in Italia

In Italia, il generico equivalente viene messo in commercio normalmente senza un marchio commerciale definito, ma sotto la cosiddetta Denominazione Comune Internazionale (DCI - INN). Riassumendo, un stesso principio attivo può essere commercializzato da aziende diverse (con rispettive diverse AIC) nelle tipologie di:

Medicinale brand
(innovatore o originale)
Medicinale
in co-marketing
È il prodotto coperto da brevetto commercializzato dall'azienda titolare dell'Aic con un nome di fantasia registrato. Si parla di medicinale originatore, o di riferimento, nel caso di un farmaco la cui tutela brevettuale è scaduta e che può quindi essere ‘riprodotto’ da altre aziende come farmaco equivalente. Deriva da una strategia di mercato che consiste nell'immettere in commercio una medesima specialità brevettata sotto due o tre marchi differenti e con altrettanti nomi di fantasia registrati. Ciò comporta l'esistenza di prodotti perfettamente uguali (tranne che nel package) ognuno commercializzato da un differente titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio.
 Medicinale
copia
 Medicinale equivalente
(ex-generico)
Appartiene al periodo antecedente l'introduzione in Italia della copertura brevettuale, quando le aziende potevano liberamente e disinvoltamente copiare, registrare e commercializzare con un proprio nome di fantasia registrato, specialità medicinali copiate dai "legittimi" titolari di un brevetto non riconosciuto in Italia. Commercializzato con il nome del principio attivo seguito dal nome del titolare dell'Aic o dal marchio registrato dell'azienda. 
 

Il commercio dei generici equivalenti in Europa

Nessun medicinale, originator o generico che sia, può essere commercializzato nella Comunità Europea senza aver ottenuto un'autorizzazione all'immissione in commercio da parte di una autorità regolatoria nazionale o europea: questo garantisce al paziente la qualità del prodotto farmaceutico a cui devono conformarsi tutti i medicinali.

Gli studi clinici non sono richiesti perché sono informazioni già conosciute, in quanto fornite dal richiedente la prima AIC per quella sostanza attiva, per cui l’efficacia, la sicurezza e la qualità sono comunque tutelate.

Due farmaci per essere considerati generici equivalenti devono poter dimostrare:

L’equivalenza chimico-farmaceutica è soddisfatta quando i due preparati contengono lo stesso principio attivo nella stessa quantità e nella stessa forma farmaceutica. Per questa ragione, ai produttori di farmaci generici non è richiesto di ripetere test pre-clinici e studi clinici su pazienti. Invece, devono eseguire “studi di bioequivalenza” al fine di dimostrare che un farmaco generico è equivalente e quindi sostituibile con il medicinale di riferimento, definito “originator”. Affinché due medicinali siano sostituibili fra loro, anche nel corso di uno stesso ciclo terapeutico, devono garantire al paziente lo stesso profilo di efficacia e sicurezza.