Agli equivalenti il 22% dei consumi in farmacia; ai biosimilari il 12% del mercato complessivo di riferimento
Cure senza brevetto in crescita sia sul fronte dei farmaci tradizionali che nel comparto dei biologici: nel primo semestre dell’anno i prodotti equivalenti hanno assorbito il 22% dei consumi in farmacia, mentre i biosimilari hanno conquistato il 12% del mercato di riferimento.
Il focus sui trend di mercato nel I semestre 2018 nei report realizzati dall’Ufficio studi Assogenerici-IBG e diffusi in occasione dell’Assemblea pubblica dell’associazione che rappresenta le industrie dei farmaci generici e biosimilari in Italia.
IL MERCATO DEGLI EQUIVALENTI DA GENNAIO A GIUGNO 2018
Nel primo semestre 2018 i farmaci equivalenti hanno rappresentato il 21,95% del totale del mercato farmaceutico a volumi nel canale farmacia e il 13,14% a valori, facendo registrare una performance positiva rispetto al I semestre 2017 (tutte le classi), del 5,7% a unità e del 12,1% a valori, a fronte di un rallentamento del mercato farmaceutico complessivo (+0,2% a unità, -1,3% a valori) determinato dall’arretramento dei brand a brevetto scaduto (-1,4% a unità e -3,3% a valori).
Il fattore a maggiore incidenza su questi trend è rappresentato dalle immissioni in commercio di nuovi farmaci generici equivalenti a seguito delle scadenze brevettuali registratesi nel corso del 2017.
Complessivamente il mercato dei generici equivalenti quota in circa 1,84 miliardi in prezzi ex factory, assorbendo il 17,6% del mercato farmaceutico nazionale complessivo, pari a circa 10,5 miliardi di euro (sempre in prezzi ex factory).
Il giro d’affari del comparto si conferma concentrato essenzialmente in classe A per un totale di 1.45 miliardi che rappresentano il 78,8% del totale della spesa per farmaci generici (l’89,5% a confezioni),
I consumi in farmacia. Entrando nel dettaglio dei consumi in classe A nel canale farmacia, nel periodo gennaio-giugno 2018 emerge una flessione del -1% del numero di confezioni rimborsate dal SSN rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
In particolare si registra una flessione dei consumi (unità) relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto del 15,4% rispetto al I semestre 2017. In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto, in particolare quello degli equivalenti che assorbono il 29,3% dei consumi a unità registrando una crescita del +3,9% rispetto al gennaio-giugno 2017.
Coerentemente in calo il dato a valori relativo alla spesa rimborsata dal SSN: nel primo semestre dell’anno è diminuita del 4,3%, a fronte di una flessione del -17,6% per i prodotti ancora coperti da brevetto e una crescita dell’8,4% nel segmento dei generici-equivalenti.
Sparuta la presenza dei generici equivalenti negli altri segmenti di spesa: in classe C il 2,1% delle confezioni vendute nella relativa classe; nel ramo dell’automedicazione lo 0,3% delle confezioni.
I consumi per area geografica e il divario Nord-Sud. Per quanto riguarda l’analisi dei consumi per area geografica, il consumo degli equivalenti di classe A si concentra soprattutto al Nord (36,5% a unità; 27,1% a valori), mentre risultano distanziati il Centro (26,8%; 20,2%) e il Sud Italia (21,5%; 16,2%). A separare Nord da Sud sono 15 punti percentuali a unità e 11 punti percentuali a valori.
A guidare la classifica dei consumi di equivalenti è la Provincia Autonoma di Trento, con il 42,5 sul totale delle unità dispensate SSN nel periodo gennaio-giugno. Trento con L’Emilia Romagna sono anche i due territori dove si registra la più alta incidenza di consumi complessivi di farmaci off patent (generici e branded a brevetto scaduto) - l’83,4% - a carico del Ssn. Secondo territorio a maggior consumo di equivalenti la Lombardia (38,8%), seguita da Emilia Romagna (36,4%), Friuli Venezia Giulia (36,2%) e Valle d’Aosta (35%). Fanalino di coda Calabria (19,5%), Basilicata (19,8%), Campania e Sicilia (21% a pari merito).
Ammonta infine a 561 milioni di euro il totale del differenziale di prezzo pagato dai cittadini nel primo semestre dell’anno per ottenere il branded a brevetto scaduto invece del generico: l’incidenza più alta in Sicilia (58 milioni di euro, pari al 15,6% della spesa farmaceutica regionale del semestre), seguita da Lazio (71 milioni; 15,2%) e Molise (3 milioni; 14,9%).
Il mercato ospedaliero. Per quanto riguarda il mercato ospedaliero gli equivalenti in classe A e H assorbono il 26,1% dei consumi a volumi e il 2,1% a valori. A dominare il mercato ospedaliero sono i brand a brevetto scaduto che quotano il 38,8% dei consumi a volumi e il 5,2% a valori, mentre ai farmaci esclusivi (protetto o senza generici corrispondente) resta il 35% dei consumi a volumi che valgono però il 92,8% della spesa farmaceutica pubblica ospedaliera.
Scadenze brevettuali e potenziali risparmi. Entro il 2023 andranno in scadenza di brevetto farmaci che determinano una spesa di 3,1 miliardi di euro l’anno; nel triennio 2018 – 2020, con l’arrivo dei farmaci equivalenti di diverse molecole in scadenza di brevetto, si raggiungeranno risparmi cumulati superiori a 800 milioni di euro.
IL MERCATO DEI BIOSIMILARI DA GENNAIO A GIUGNO 2018
Nel primo semestre 2018 le 10 molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano - Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Etanercept, Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro, per un totale di 45 prodotti - hanno assorbito il 12% dei consumi nazionali contro l’88% detenuto dai corrispondenti originator.
Su base annua il pool dei biosimilari presenti sul mercato nazionale ha fatto registrare una crescita complessiva del 27,7% rispetto al I semestre 2017, calcolata al netto delle new entry, ovvero le nuove molecole biosimilari lanciate sul mercato solo da giugno 2017 (Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro), a fronte di una contrazione dei biologici originator dell’1,6%.
Riflettori accesi sulle performance delle 3 molecole protagoniste del “sorpasso” rispetto al biologico originatore. A realizzare il maggior grado di penetrazione sul mercato è stato il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio assorbono il 94,68% del mercato a volumi (89,35% a valori, a prezzo medio). Seguono le Epoetine (75,39% del relativo mercato a volumi e 62,12% a valori), in commercio in versione biosimilare, alla pari del Filgrastim, a partire dal 2009.
Ancor più notevole la prestazione dei biosimilari di più recente o recentissima registrazione: Infliximab, in versione biosimilare dal febbraio 2015 e titolare nel primo semestre 2018 del 69,75% del mercato a volumi (54,67% a valori); Follitropina alfa, in pista dall’aprile 2015 e oggi titolare del 12,69% a volumi (12,36% a valori); Insulina Glargine -primo biosimilare in commercio da febbraio 2016 - oggi concentra il 17,03% a volumi (12,64% a valori). Risultato anche migliore per Etanercept (in commercio da ottobre 2016), che nel I semestre dell’anno ha assorbito il 29,03% a volumi (23,26% a valori) e il Rituximab, in commercio dal luglio 2017, che nella versione biosimilare concentra già il 40,66% dei consumi (26,28% a valori).
Diversificato ma comunque in crescita il quadro dei consumi a livello regionale. A registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte: in entrambe quotano il 41,89% del mercato sul mercato complessivo di riferimento e addirittura l’80,25% del mercato riferito all’insieme delle cinque molecole in commercio da almeno 3 anni (Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Infliximab, Follitropina Alfa).
Lo stesso pool di molecole di più antica commercializzazione ottiene consensi di rilievo praticamente in tutte le Regioni (Toscana, 70,24%; Veneto 64,27%; Sicilia 59,52%; Liguria, 72,21%; Emilia Romagna, 63,89%). Fanalini di coda Abruzzo (36,79%) e Calabria (14,95%).
La classifica varia ampliando l’analisi a tutti i biosimilari in commercio: tolto il già citato primato il Piemonte e Valle d’Aosta, seguono in classifica Sicilia (18,82% del mercato complessivo), Basilicata (14,79%), Friuli Venenzia Giulia (13,34%), Toscana (12,72%). Tutte le altre Regioni risultano al di sotto della media nazionale; fanalini di coda Puglia e Umbria che non raggiungono neanche il 5% dei consumi.
Scadenze brevettuali e potenziali risparmi. Secondo una recentissima analisi elaborata dal centro studi IQVIA il valore del mercato dei principali prodotti biologici che perderanno la protezione brevettuale tra il 2018 e il 2022 ammonta a circa 1 miliardo di euro. Per le sette molecole in questione (adalimumab, trastuzumab, bevacizumab, insulina lispro, ranibizumab, teriparatide, pegfilgrastim), in assenza di competizione da parte di alcun biosimilare si stima nei prossimi cinque anni una spesa cumulata di circa 5,6 miliardi.
Assogenerici è l’organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci generici equivalenti e biosimilari in Italia. Fondata nel 1993, rappresenta oggi 51 tra imprese multinazionali e aziende italiane dislocate su tutto il territorio nazionale, che producono sia per il mercato nazionale che per i mercati esteri, oltre ad aziende impegnate nella produzione di farmaci in conto terzi per tutta l’industria farmaceutica, per un totale di 36 siti produttivi e 11mila occupati: il 40% addetti alla produzione; il 91% a tempo indeterminato; il 47% donne.
Le aziende associate - per il 48% a capitale italiano (32% UE; 20% extra UE) - sono dislocate per l’86% nelle Regioni del Nord Italia, generano un fatturato complessivo pari a 3,2 miliardi di euro con una incidenza dell’export pari al 40% ed effettuano investimenti medi annui per 100 milioni di euro.
Ancora increscita il mercato di generici equivalenti. Il Report trimestrale sui trend del mercato italiano di settore nel primo trimestre 2018 – realizzato dal Centro Studi di Assogenerici su dati IQVIA – assegna ai farmaci generici equivalenti il 21,72% del totale del mercato farmaceutico a volumi nel canale delle farmacie aperte al pubblico (era il 20,88% nel primo trimestre 2017) e il 12,7% a valori (era l’11,6% nel primo trimestre 2017).
Dall’analisi realizzata da Assogenerici sul trend dei consumi nei primi tre mesi del 2018, emerge una performance positiva degli equivalenti nel canale farmacia (classi A e C), con una crescita del 6,7% a unità e del 12% a valori, a fronte di un +1,5% a unità del mercato farmaceutico complessivo e –0,8% a valori e di un mercato dei branded a brevetto scaduto di + 0,2% a unità e –2,7% a valori.
Il fattore a maggiore incidenza su questi trend è rappresentato dalle immissioni in commercio di nuovi farmaci generici equivalenti a seguito delle scadenze brevettuali registratesi nella seconda metà del 2017.
Complessivamente, il mercato dei generici equivalenti vale circa 1,8 miliardi in prezzi ex factory, assorbendo il 17% del mercato farmaceutico nazionale complessivo, pari a circa 10,5 miliardi di euro (sempre in prezzi ex factory).
Il giro d’affari del comparto si conferma concentrato essenzialmente in classe A per un totale di 1.4 miliardi che rappresentato 78,6% del totale della spesa per farmaci generici (l’89,5% a confezioni)
Decisamente più sparuta la presenza dei generici equivalenti negli altri segmenti di spesa: in classe C il generico equivalente quota 253 milioni euro di fatturato (14,2% del proprio giro d’affari) e rappresenta il 2% delle confezioni vendute nella relativa classe; appena 22 milioni di euro di fatturato, infine, nel ramo dell’automedicazione (1,2% del fatturato equivalente complessivo; 0,2% del giro d’affari della relativa classe).
L’analisi sulla segmentazione del totale mercato a volumi nel canale farmacia evidenzia che i generici equivalenti totalizzano ancora il 21,72% (era il 20,88% nel I trimestre del 2017), contro il 51,79% detenuto dai brand a brevetto scaduto (era il 51,80%), mentre perdono terreno i farmaci esclusivi (protetti o senza generico corrispondente): 26,50% contro il 27,32% del I trimestre 2017.
Ammonta invece al 12,74%, sempre nel mercato farmacia, la quota del mercato totale a valori assorbita dagli equivalenti, mentre i farmaci esclusivi (protetti o senza generico corrispondente) detengono il 41,14% e la parte del leone spetta ai branded a brevetto scaduto con il 46,13%. Con riferimento ai soli consumi off patent, i generici equivalenti assorbono invece il 22% del mercato a valori del canale farmacia contro il 78% detenuto dai brand a brevetto scaduto.
I consumi in classe A
Entrando nel dettaglio dei consumi in classe A, nel periodo gennaio–marzo 2018 emerge una flessione del –1 % del numero di confezioni rimborsate dal SSN rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
In particolare si registra una flessione dei consumi (unità) relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto del 18% rispetto al I trimestre 2017. In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto, in particolare quello dei branded che registrano una crescita del +3,8% rispetto al gennaio–marzo 2017, mentre gli equivalenti crescono del 4,1%.
Coerentemente in calo il dato a valori relativo alla spesa rimborsata dal SSN: nel primo trimestre dell’anno è diminuita del 4,7% rispetto allo stesso periodo del 2017, a fronte di una flessione dello 19,2% per i prodotti ancora coperti da brevetto, una crescita del 9,1% per gli off patent branded e una crescita dell’8% per il segmento dei generici–equivalenti.
I consumi per area geografica e il divario Nord–Sud
Per quanto riguarda l’analisi dei consumi per area geografica, il consumo degli equivalenti di classe A si concentra soprattutto al Nord (36,2% a unità; 26,8% a valori), mentre risultano distanziati il Centro (26,4%; 19,8%) e il Sud Italia (21,1%; 15,7%). A separare Nord da Sud sono 15 punti percentuali a unità e 11 punti percentuali a valori.
In particolare, a guidare la classifica dei consumi di equivalenti è la Provincia Autonoma di Trento (42,2 sul totale delle unità dispensate SSN nel periodo gennaio–marzo: era il 40,9% nel I trimestre 2017), seguita dalla Lombardia (38,6% contro il 36,9% dell’anno prima) e dall’Emilia Romagna (36,0% contro 34,4%). Fanalino di coda Calabria (19,1% contro 18,2% del 2017), Basilicata (19,5% contro 18,3%), Campania e Sicilia (20,7% contro 19,8% per entrambe).
Ammonta infine a 283 milioni di euro (erano stati 286 milioni nel I trimestre 2017) il totale del differenziale di prezzo pagato dai cittadini nel primo trimestre dell’anno per ottenere il branded a brevetto scaduto invece del generico: l’incidenza più alta in Sicilia (dove il differenziale versato nel trimestre ammonta a 30 milioni di euro, pari al 15,4% della spesa farmaceutica regionale del periodo, seguita da Lazio (36 milioni; 15%) e Molise (2 milioni; 14,7%).
Il mercato ospedaliero
Ancora troppo fumo e pochissimo arrosto nel mercato ospedaliero degli equivalenti. In classe A e H, a fronte di una leggera crescita dell’incidenza sia a volumi (25,7%, contro il 23,8% del I trimestre 2017) che a valori ex factory (5,9% contro il 5,1% dell’anno prima).
Un valore quest’ultimo che non consente di tenere in debito conto la principale caratteristica delle forniture nel canale ospedaliero, effettuate esclusivamente per bandi di gara: passando dal prezzo ex factory al prezzo medio, l’incidenza del generico sul totale a valori scende ad un più realistico 2,1%.
A dominare il mercato ospedaliero sono ancora i prodotti in esclusiva (protetti da brevetto o privi di generico corrispondente), che assorbono il 39,5 a unità e il 92,9% a valori (prezzo medio), tallonati almeno a unità dai brand a brevetto scaduto che tuttavia con una quota pari al 34,8% del canale assorbono appena il 5,1% a valori.
Nel solo parterre dei farmaci off patent non esclusivi di classe A e H, i generici equivalenti quotano il 42% dei consumi e il 29% a valori; i branded a brevetto scaduto assorbono il 58% dei consumi e il 71% a valori.
Nel 2017 le otto molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano –Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Rituximab e Etanercept - hanno assorbito il 19% dei consumi nazionali contro l’81% detenuto dai corrispondenti originator, registrando una crescita complessiva dei consumi del 73,9% rispetto al 2016: il dato emerge dal Report annuale realizzato dall'Ufficio Studi IBG - Italian Biosimilars Group sui dati a consuntivo 2017.
Per tre delle molecole in questione il mercato nazionale ha registrato il sorpasso nelle vendite di biosimilare rispetto al biologico originatore. A realizzare il maggior grado di penetrazione sul mercato è stato il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio hanno assorbito il 92,7% del mercato a volumi. Ad assicurarsi la seconda miglior performance sono state invece le Epoetine, che hanno assorbito il 67,4% del relativo mercato a volumi. Entrambe le molecole citate sono in commercio in versione biosimilare dal 2009 e ciò rende ancora più ragguardevole la performance dei tre biosimilari dell’Infliximab che in un paio d’anni (la prima commercializzazione risale al febbraio 2015) sono arrivati a totalizzare il 54,6% del mercato a volumi.
Decisamente più distanziata la performance della Somatropina biosimilare, commercializzata dal 2007, che raccoglie il 28% a volumi in un mercato ancora solidamente (72%) detenuto da 7 altri prodotti originatori.
Ancora in via d’assestamento, infine, la penetrazione sul mercato dei biosimilari di più recente registrazione, a partire dalla Follitropina alfa, in commercio dall’aprile 2015, titolare nel 2017 dell’8,2% del mercato della molecola a volumi. Migliore invece la prestazione dell’Insulina Glargine, con il primo biosimilare in commercio da febbraio 2016 e titolare alla fine dello stesso anno del 15,4% del mercato a volumi. Sulla stessa lunghezza d’onda la penetrazione dell’Etanercept , entrato sul mercato nell’ottobre 2016 e arrivato a totalizzare nel 2017 l’11,6% del mercato a volumi. Comunque di rilievo, infine, quel 2,2% del mercato a volumi assorbito dal Rituximab biosimilare in soli 5 mesi di commercializzazione a partire dal luglio 2017.
Ampiamente diversificato il quadro dei consumi a livello regionale: a registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte con una incidenza dei biosimilari del 64,11% sul mercato complessivo di riferimento. Seguono, appaiate ma decisamente distanziate dalle prime due, Basilicata e Sicilia dove i biosimilari assorbono rispettivamente il 33,37% e il 32,77% del mercato di riferimento.
All’estremo opposto, fanalini di coda la Puglia (6,82%), l’Umbria (7%) e il Lazio (8,27%).
Ben altro aspetto assume però la classifica regionale dei consumi tenendo conto soltanto del mercato riferito all’insieme delle quattro molecole in commercio da almeno 3 anni (Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Infliximab): in testa ai consumi di biosimilari ancora una volta Valle d’Aosta e Piemonte, entrambe con quote di consumo di biosimilari dell’82,80%. Seguono il Trentino Alto Adige (70,63%), la Liguria (69,99%) passando per la Toscana, L’Emilia Romagna e la Sicilia, tutte con quote di penentrazione dei biosimilari superiori al 60%.
Ultima in classifica la Calabria dove il consumo delle quattro molecole biosimilari si ferma al 14,44 per cento.
___________________________
Foto: Tara Winstead su Pexels
Soffrono di psoriasi, artrite reumatoide, Morbo di Crohn, ovvero di una delle principali malattie autoimmuni protagoniste della guerra inconsulta che il sistema immunitario sempre più spesso decide di scatenare contro l’organismo che invece dovrebbe difendere. Per gran parte di queste patologie il trattamento d’elezione è oggi rappresentato da farmaci biologici, ma in Italia c’è un esercito di 200mila pazienti (con un range variabile da 100mila a 300mila) ancora esclusi dall’accesso alle cure.
Il dato emerge dallo studio “Sottotrattamento da biologico: analisi del fenomeno e spunti di riflessione” realizzato da Ernst&Young per l’Italian Biosimilars Group – IBG e presentato in un convegno organizzato sul tema oggi a Roma dall’AIFA.
Obiettivo dell’analisi far emergere l’entità del sottoutilizzo dei farmaci biologici nella prassi clinica, nonostante essi siano consigliati e spesso ritenuti indispensabili dalle linee guida per il trattamento di molte patologie gravi e croniche.
Lo studio
L’indagine è partita dall’analisi su 11 patologie - psoriasi, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, artrite reumatoide, malattia di Crohn, colite ulcerosa, lingoma non-Hodgkin, leucemia linfatica cronica, carcinoma mammario, tumore al colon retto e melanoma metastatico - per il cui trattamento sono già presenti sul mercato i biosimilari.
Per ciascuna di esse, le linee guida ufficiali e i dati della letteratura scientifica, nonché un confronto con i clinici di settore, hanno consentito di calcolare il numero effettivo di casi registrati nella popolazione (prevalenza) e il numero di pazienti eleggibili al trattamento con il farmaco biologico; i dati di mercato IQVIA hanno invece consentito di calcolareil numero dei pazienti effettivamente trattati con questo tipo di terapia.
I dati di sottotrattamento, rilevati calcolando la differenza tra i pazienti eleggibili al trattamento conbiologico e quelli effettivamente trattati, sono stati poi discussi con esperti / key opinion leader delle diverseareeterapeutiche coinvolte con l’obiettivo di identificarne le possibili cause. Quando è stata riscontrata una differenza tra i dati di letteratura e l’opinione del KOL questa è stata evidenziata, tenendo in considerazione la stima più conservativa.
I risultati
La fotografia varia in modo significativo da una patologia all’altra, ma il fenomeno del sottoutilizzo dei biologici emerge con chiarezza dai dati di sintesi riferiti alla maggioranza delle aree considerate.
La variabilità dei dati
Un pool importante e soprattutto inedito di dati su cui L’AIFA ha scelto di avviare una riflessione e un confronto con tutti gli stakeholder e con le associazioni dei pazienti.
“Rispondendo, oltre un anno fa, alla richiesta di approfondimento rivoltaci da IBG ci siamo resi conto del fatto che non esistono di fatto studi analoghi - spiegaLuca Minotti (Partner Mediterranean Life Sciences Leader di EY), coordinatore dello studio. - La nostra analisi ha dunque il merito di richiamare per la prima volta l’attenzione su un tema oggi non sufficientemente affrontato, offrendo spunti di riflessione per approfondimenti che vedano coinvolti i principali stakeholders”.
“È l’avvio di un percorso che andràdunque approfondito”,avverte ancora Minotti, che spiega: “Nonostante l’esistenza di numerose linee guida e banche dati che possono essere utilizzate per identificare con chiarezza la popolazione potenzialmentesottotrattata, i dati provenienti dalla realtà non sono altrettanto oggettivabili; ciò è dovuto sia a uno scostamento tra le linee guida e l’opinione dei KOL, che a una difficoltà nel delineare l’epidemiologia. Ne consegue una variabilità talvolta anche significativa del dato di sottotrattamento”.
“Per questo - conclude - perle patologie che presentavano un’ampia variabilità del dato di sottotrattamento, si è data evidenza anche delle stime più conservative”.
Cause e soluzioni
Tra gli spunti di riflessione offerti dagli analisti di Ernst&Young, al capitolo delle possibili cause del sottotrattamento figurano non solo il costo elevato dei biologici e la scarsa confidenza di medici e pazienti con questa tipologia di prodotti, ma anche la scarsa diffusione dei centri specialistici e la conseguente presa in carico tradiva e più in generale una governance non ottimale dei percorsi di cura delle patologie in questione che dovrebbe prevede, in primis, l’integrazione tra gli specialisti e il controllo dell’aderenza al trattamento ma anche – in un caso – l’impossibilità di distribuzione presso le farmacie territoriali.
Tra le possibili soluzioni suggerite, oltre all’ottimizzazione dei percorsi di cura (PDTA) e alpotenziamentodella rete dei centri specialistici, nell’agenda suggerita da E&Y figurano al primo posto il potenziamento delle informazioni indirizzate a medici e pazienti e la sensibilizzazione ad un maggiore utilizzo dei biosimilari specie per liberare risorse da reinvestire, ampliando la platea dei destinatari delle cure, magari nella medesima struttura che ha generato il risparmio, con un meccanismo di gain-sharing.
Il percorso AIFA
La stessa AIFA, del resto,ha sottolineato che il convegno organizzato oggi a Roma aveva lo scopo di invitare a un confronto “per valorizzare le opportunità che i biosimilari, quelli attuali e quelli che verranno, possono portare al SSN” poiché essi “rappresentano un potente strumento per superare il problema del sottotrattamento e rendere disponibili terapie a un numero sempre maggiore di pazienti, in particolare nelle aree dell’oncologia, reumatologia, gastroenterologia e dermatologia”.
In quest’ottica, il nuovo Position Paper dell’Agenzia italiana del farmaco sui biosimilari - presentato in apertura dei lavori dal direttore generale, Mario Melazzini - recupera le fila di un discorso rimasto interrotto il 15 settembre del 2016, data di chiusura della consultazione pubblica avviata all’epoca sul documento destinato adaggiornare gli orientamenti regolatori in materia, risalenti al Position paper del 2013.
Il testo ufficializzato sintetizza definizioni e normative note e condivise a livello europeo e ribadisce che la scelta finale su cosa prescrivere al paziente spetta al medico curante, che viene allo stesso tempo nuovamente responsabilizzato sul buon uso delle risorse.
A caratterizzare il documento sono però due vistose novità: la prima consiste nella “sparizione” di qualsiasi riferimento ai pazienti “naive” (ovvero, mai trattati in precedenza o trattati molto tempo prima) come destinatari privilegiati del biosimilare.
La nuova versionefa un deciso passo avanti,specificando che secondo AIFA “i biosimilari costituiscono un’opzione terapeutica il cui rapporto rischio-beneficio è il medesimo di quello dei corrispondenti originatori di riferimento, come dimostrato dal processoregolatorio di autorizzazione” e che “tale considerazione vale anche per i pazienti già in cura, nei quali l’opportunità di sostituzione resta affidata al giudizio clinico”.
Consequenziale, ancorché eclatante, la seconda, consistente nella piena validazione da parte di Aifa della “intercambiabilità” tra originator e biosimilare.
“Siamo soddisfatti dello sforzo di chiarezza e della voglia di confronto manifestato dall’AIFA con l’evento odierno - commenta Manlio Florenzano, coordinatore del Gruppo IBG, organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci biosimilari in Italia. – Il principio dell’intercambiabilità originator-biosimilare rappresenta una risposta concreta ed efficace al tema del sottotrattamento e apre le porte all’ampliamento della platea dei pazienti che potranno accedere ai trattamenti innovativi in uno stadio sempre più precoce della malattia”
“Il documento - prosegue Florenzano - conferma tutti i presupposti alla base dell’introduzione dei biosimilari sul mercato europeo, specificando cheè l’Ema a valutare la biosimilarità in base a tutte le massime evidenze scientifiche disponibili e che dunque non sono necessarie ulteriori valutazioni comparative effettuate a livello regionale o locale, ribadendo comunquela potestà dell’ente regolatorio nazionale di intervenire, valutandocaso per caso ed eventualmente modificandole proprie posizioni sui singoli prodotti o sulle singole categorie terapeutiche, col progredire della pratica cinica e delle evidenze scientifiche acquisite”.
“Si tratta di un orientamento pienamente condiviso anche dalle aziende produttrici - conclude Florenzano. - Questa pregevole iniziativa dell’AIFA porge agli operatori sanitari, ai pazienti e ai cittadini, informazioni autorevoli, chiare, trasparenti, convalidate ed obiettive promuovendo un adeguato utilizzo e accesso ai prodotti biosimilari nel nostro Paese”.
______________________
Foto: Mike Chai su Pexels
RASSEGNA
Ancora un anno di crescita per il mercato dei farmaci equivalenti che nel 2017 ha assorbito il 21,5% a confezioni e l’12,4% a valori del canale farmacia. Quasi il 90% delle confezioni di farmaci equivalenti sono di classe A, rimborsate completamente dal Servizio Sanitario Nazionale. Il dato è contenuto nel Report annuale del Centro Sudi Assogenerici che da conto dei dati a consuntivo gennaio-dicembre 2017.
L’analisi degli andamenti nel canale farmacia evidenzia una performance positiva dei prodotti equivalenti (classi A e C) con una crescita del 5,7% a unità e del 9,5% a valori, a fronte di un arretramento del mercato farmaceutico complessivo (-1% a unità e -1,6% a valori) e di una ancor più ampia frenata del mercato dei branded a brevetto scaduto (-2,8% a unità e -3,1% a valori).
Conferma ai vertici di Assogenerici, l’associazione dei produttori di farmaci equivalenti e biosimilari, che ha tenuto oggi la propria Assemblea rinnvando gli organi istituzionali per il biennio 2018 - 2019.
A guidare la squadra sarà ancora una volta Enrique Häusermann (EG SpA), confermato alla presidenza. Lo affiancheranno, nel ruolo di vicepresidenti, Hubert Puech D’Alissac (Teva Italia) con delega all’Area Medicinali generici e Alberto Giraudi (ABC Farmaceutici), con delega all’Area delle PMI, nelle quali rientrano tutte le piccole e medie imprese del settore. Gli altri componenti del Consiglio di Presidenza sono Massimiliano Rocchi (Accord Healthcare Italia), vicepresidente per l’Area Medicinali Ospedalieri, Paolo Angeletti (Salf) Vicepresidente - Area Produzione Industriale e Conto Terzi e Manlio Florenzano (Sandoz) vicepresidente per l’area dei medicinali biosimilari, che continuerà a coordinare l’Italian Biosimilars Group, con il supporto di due vicecoordinatori, Stefano Collatina (Baxter) e Amedeo Soldi (Mundipharma). Tesoriere è stato confermato Gualtiero Pasquarelli (DOC Generici).
Nella sua relazione all’Assemblea, Häusermann ha ribadito obiettivi e priorità dell’associazione per il prossimo biennio, riassumendo i contenuti del documento strategico che Assogenerici ha già fatto pervenire alle forze politiche impegnate nella campagna elettorale in vista delle elezioni del 4 marzo.
“Negli ultimi anni abbiamo lavorato incessantemente affinché Assogenerici divenisse quello che oggi è da tutti riconosciuta – ha detto il Presidente – ovvero un interlocutore ed un partner credibile delle istituzioni, delle autorità di regolamentazione e di tutti gli stakeholders, con cui l’Associazione intrattiene una costante attività di confronto e dialogo”. “Ora - ha proseguito - c’è da percorrere l’ultimo miglio: quello che renderà l’azione associativa ancora più incisiva nel raggiungimento degli obiettivi che giudichiamo irrinunciabili per il prossimo biennio”.
Obiettivi che il documento Assogenerici riassume in tre grandi capitoli.
In primis la Governance farmaceutica, puntando a riattivare un “cantiere” troppe volte interrotto per garantire il diritto di ciascuna impresa ad operare in un mercato in cui vi sia reale garanzia di equa concorrenza.
Tre gli interventi irrinunciabili citati in proposito dal presidente Assogenerici: “la compensazione sia tra i tetti di spesa sia tra i fondi per i farmaci innovativi, prevedendo che qualsiasi eventuale avanzo debba essere utilizzato per la riduzione dei ripiani posti a carico delle imprese produttrici; la revisione dell’intero meccanismo di distribuzione del pay back, prevedendo sistemi di calcolo del ripiano basati su un criterio certo di equità, quale quello della quota di mercato effettivamente coperta dall’impresa; l’obbligo di reinvestire nel capitolo della spesa farmaceutica tutti i risparmi derivanti dall’utilizzo dei farmaci equivalenti e biosimilari”.
A seguire tutte le criticità burocratico-amministrative – molto rilevanti per le imprese manifatturiere, soprattutto attive nel conto terzi farmaceutico – ed il tema degli incentivi per l’innovazione dei processi industriali.
“L’eccesso di procedure amministrative; la poca tempestività nelle risposte da parte della PA, i cavilli burocratici rimangono fattori debilitanti per aziende che operano in un settore altamente controllato e regolato come quello farmaceutico”, ha sottolineato Häusermann, che individua nella “eccessiva pressione sui prezzi - tra i più bassi d’Europa - nella competizione dei produttori extra-europei e nella indisponibilità di un piano di defiscalizzazione o di incentivi a supporto dell’innovazione dei processi industriali delle imprese medio-piccole”, i principali nodi da affrontare per la rilevanza che assumono per il comparto rappresentato in Assogenerici.
Un focus ad hoc, infine, sul canale ospedaliero, di cui le aziende degli equivalenti coprono oltre il 25% del fabbisogno, movimentando volumi elevatissimi e in molteplici casi rappresentando l’unica fonte di approvvigionamento per gli enti del SSN.
“A fronte dell’eccessiva pressione sui prezzi e al conseguente fenomeno dei lotti deserti nel nostro Paese - ha ricordato Häusermann - si rischia sempre più spesso di andare incontro a fenomeni di carenza ed interruzione della fornitura, con conseguenti extracosti per il Servizio sanitario nazionale. In questo quadro, il sistema delle gare al massimo ribasso rischia di determinare la fuoriuscita dal mercato di numerose imprese, soprattutto Pmi, con una significativa riduzione del numero di aziende operanti e della possibilità di risparmio garantita fino a oggi dalla competizione delle nostre imprese. Senza l’introduzione di adeguati correttivi restano pochi margini di sostenibilità nel lungo periodo - ha concluso il neo- rieletto presidente Assogenerici - E sarà l’intera spesa di settore ad entrare in crisi davvero”.
Nel segno della continuità anche l’azione che l’associazione intende portare avanti sul tema dei biosimilari tramite l’Italian Biosimilars Group: “I farmaci biosimilari rappresentano una delle principali opportunità per il nostro SSN - ha spiegato il coordinatore dell’IBG, Manlio Florenzano. - Perché questi prodotti possano esprimere al massimo le proprie potenzialità è però essenziale il mantenimento di regole condivise, maggiore informazione scientifica indirizzata ai clinici e un maggiore coinvolgimento dei pazienti. Ma soprattutto è necessario che le risorse generate dall’utilizzo dei biosimilari vengano reinvestite fino all’ultimo centesimo per garantire ai pazienti l’accesso ai farmaci innovativi. Questo traguardo - ha concluso - può essere raggiunto solo attraverso un dialogo condiviso con le istituzioni e tutti gli stakeholder del settore, con l’obiettivo della piena comprensione del valore di questa risorsa terapeutica al fine di proteggere i pazienti dal rischio di un mancato accesso alle migliori cure”.
Milano , 22 febbraio 2018 – Si è svolta oggi a Milano l’Assemblea di Assogenerici, l’associazione dei produttori di farmaci equivalenti e biosimilari, chiamata a rinnovare i propri organi istituzionali per il biennio 2018 - 2019.
Confermati, con qualche integrazione, tutti i vertici associativi: a guidare la squadra sarà ancora una volta Enrique Häusermann (EG SpA), confermato alla presidenza. Lo affincheranno, nel ruolo di vicepresidenti, Cinzia Falasco Volpin (Mylan SpA), con delega all’Area Medicinali generici e Alberto Giraudi (ABC Farmaceutici SpA), con delega all’Area delle PMI, nelle quali rientrano tutte le piccole e medie imprese del settore. Gli altri componenti del Consiglio di presidenza sono Stefano Collatina (Baxter SpA) vicepresidente - Area Medicinali Ospedalieri, Paolo Angeletti (Salf SpA) Vicepresidente - Area Produzione Industriale e Conto Terzi, e Manlio Florenzano (Sandoz SpA) vicepresidente per l’area dei medicinali biosimilari che continerà a coordinare l’Italian Biosimilar Group. Tesoriere è stato confermato Gualtiero Pasquarelli (DOC Generici Srl).
Farmindustria e Assogenerici esprimono forte rammarico per il ritiro dell’emendamento alla legge di Bilancio che aveva come unico obiettivo quello di allineare, sin dall’inizio, il nostro Paese all’applicazione della normativa europea sulla “Tracciatura dei medicinali”.
Una scelta che non avrebbe comportato oneri di alcun tipo per la finanza pubblica ma che avrebbe invece consentito all’intero comparto farmaceutico nazionale di non subire penalizzazioni anche in termini di capacità competitiva in ambito europeo.
Doppi costi e doppia burocrazia in arrivo per l'industria farmaceutica nazionale che a breve sarà costrettaa sostenere gli oneri di un doppio regime di tracciatura del farmaco: quello nazionale del Bollino autoadesivo, attualmente in vigore, e quello europeo di recente approvazione, con un onere addizionale a carico delle imprese operanti in Italia valutabile intorno ai 70 milioni di euro.
A denunciarlo un comunicato congiunto con cui Farmindustria e Assogenerici "esprimono forte rammarico per il ritiro dell’emendamento alla legge di Bilancio che aveva come unico obiettivo quello di allineare, sin dall’inizio, il nostro Paese all’applicazione della normativa europea sulla Tracciatura dei medicinali" e sollecitano una rapida soluzione "per evitare il rischio di delocalizzare la propria produzione, oggi al secondo posto in Europa di poco dietro la Germania".
L'allarme delle associazioni dei produttori farmaceutici è legato al ritiro dell'emendamento in precedenza presentato dal Relatore, Francesco Boccia (PD) alla Legge di Bilancio 2018 (A.C. 4768), all'esame della V Commissione della Camera.
L'emendamento - come sottolineato nel comunicato congiunto diffuso oggi - aveva come unico obiettivo quello di allineare anticipatamente il nostro Paese all’applicazione della normativa sulla “Tracciatura europea” dei medicinali, una scelta che non avrebbe comportato oneri di alcun tipo per la finanza pubblica ma che avrebbe invece consentito all’intero comparto farmaceutico nazionale di non subire penalizzazioni anche in termini di capacità competitiva in ambito europeo.
La direttiva FMD (Falsified Medicine Directive)
La Direttiva 2011/62/Ue (Falsified Medicine Directive – FMD) ha regolamentato nel dettaglio il tema della contraffazione nel settore farmaceutico, prevedendo l’istituzione di sistemi di sicurezza e di identificazione di ogni singola confezione. Il Regolamento attuativo (Regolamento Delegato 2016/161 della Commissione Ue) ha individuato il codice Data Matrix come strumento per la verifica di autenticità dei farmaci: è un codice bidimensionale, stampato direttamente sulla confezione, nel quale saranno contenute le informazioni relative a numero di lotto, data di scadenza e numero seriale, i cui costi di implementazione saranno completamente a carico delle aziende produttrici di farmaci e degli importatori paralleli.
La norma entrerà in vigore dal 9 febbraio 2019 in tutti i Paesi, fatta eccezione per Italia, Belgio e Grecia, che avendo già da tempo di un sistema di tracciatura dei medicinali, dispongono di una proroga di ulteriori 6 anni, avendo come scadenza ultima il febbraio del 2025. Il Belgio ha tuttavia già fatto sapere che si adeguerà al nuovo sistema da subito, senza usufruire della deroga.
La deroga riconosciuta all’Italia è legata all’esistenza nel nostro Paese di un sistema di tracciatura basato sul cosiddetto “bollino autoadesivo”.
Nel caso delle aziende che operano in Italia, la cui produzione è per oltre il 70% destinata all’export, la proroga è però del tutto teorica: le linee produttive dovranno essere adeguate entro febbraio 2019, per rispondere alle richieste del mercato europeo. Lo stesso Antitrust in una segnalazione del 30 novembre aveva sollecitato il Parlamento ad introdurre quanto prima il nuovo sistema di tracciatura europeo dei medicinali.
Con questo obiettivo la filiera farmaceutica ha già da tempo avviato un tavolo finalizzato alla costituzione dell’ente (National Medicines Verification Organization – NMVO) che – in attuazione della normativa comunitaria - dovrà essere creato in ciascuno Stato membro per la gestione dell’archivio nazionale dei codici integrato nella piattaforma europea dell’EMVO (European Medicines Verification Organization), cui faranno riferimento tutti i sistemi nazionali.
Danni per il fisco e per le imprese
Il mancato inserimento nella Legge di Bilancio 2018 della norma di legge necessaria a supportare l’adeguamento immediato della normativa Ue avrà come inevitabile ricaduta gli effetti quantificati dalla stessa relazione illustrativa all'emendamento sparito: 70 milioni di euro di costi addizionali per le imprese produttrici per il mantenimento del sistema di tracciatura con il “bollino autoadesivo” acquistato dal Poligrafico e conseguentemente 23 milioni di euro di minore entrata Ires per l'erario.
Nei primi nove mesi del 2017 il mercato italiano dei farmaci biosimilari ha consolidato la sua crescita: le nove molecole in commercio hanno assorbito il 18% del loro mercato di riferimento - rappresentato da Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina Alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Etanercept, e dal neo entrato Rituximab - contro il 13% registrato nel 2016, per un totale di 7,07 milioni di unità di consumo a fronte dei 31,16 milioni di unità dei corrispondenti originator che controllano l’82% dello stesso mercato.
Il dato è contenuto nell’ultimo Report dell’Italian Biosimilars Group che segnala in avanzata vigorosa tutte le quattro molecole biosimilari in commercio da oltre 3 anni: le Epoetine, che tra gennaio e settembre hanno totalizzato il 66 % a volumi e il 58% a valori; il Filgrastim, che detiene il 92% del mercato sia a volumi e a valori; la Somatropina che assorbe il 28% a volumi e il 25% a valori; l’Infliximab che detiene il 54% a volumi e il 51% a valori del proprio mercato di riferimento. .
Ritmi diversi, ma comunque positivi, per la performance delle molecole di più recente registrazione, che risentano chiaramente della temporalità delle gare ospedaliere: il biosimilare dell'etanercept, lanciato nell'ottobre 2016, a circa un anno dalla commercializzazione assorbe il 9% a volumi ed il 6% a valori del mercato nazionale della molecola; l'Insulina Glargine, in commercio da febbraio 2016, quota invece il 13% a volumi e il 12% a valori.
Per quanto riguarda i consumi di biosimilari a livello regionale, l’analisi condotta per le quattro molecole in commercio da almeno tre anni trova al primo posto, a pari merito, la Valle d’Aosta e il Piemonte, con una incidenza dei biosimilari sul mercato di riferimento pari all’82,38%. A Seguire i Trentino (70,46%), la Liguria (68,66%), il Veneto (67,10%).
All’estremo opposto i consumi più bassi si registrano in Calabria (14,00%), Abruzzo e Molise (33,51 entrambe), Marche (39,29%).
_____________________________________
Foto: Henrikas Mackevicius su Pexels
Nei primi nove mesi del 2017 i farmaci equivalenti hanno rappresentato il 21,14% del totale del mercato retail a confezioni (canale farmacia) e l’11,87% a valori (Sell In - tutte le classi di farmaci), con una crescita dello 0,5% sia a volumi che a valori rispetto al 2016.
Il dato è contenuto nel Report sui trend del mercato italiano di settore da gennaio a settembre realizzato dal Centro Studi Assogenerici, che attesta a 1.57 miliardi (in prezzi ex factory) il valore delle vendite nel canale retail, con un giro d’affari concentrato essenzialmente in classe A che assorbe l’89,2% a volumi e il 77,1% a valori del mercato totale dei farmaci generici, per un totale di 1,2 miliardi.
Nei primi nove mesi del 2017 i farmaci equivalenti hanno rappresentato il 21,14% del totale del mercato retail a confezioni (canale farmacia) e l’11,87% a valori (Sell In - tutte le classi di farmaci), con una crescita dello 0,5% sia a volumi che a valori rispetto al 2016.
Il dato è contenuto nel Report sui trend del mercato italiano di settore da gennaio a settembre realizzato dal Centro Studi Assogenerici, che attesta a 1.57 miliardi (in prezzi ex factory) il valore delle vendite nel canale retail, con un giro d’affari concentrato essenzialmente in classe A che assorbe l’89,2% a volumi e il 77,1% a valori del mercato totale dei farmaci generici, per un totale di 1,2 miliardi.
Prosegue dunque la performance dunque positiva evidenziata nei primi mesi dell’anno, a fronte dell’arretramento registrato dal totale del mercato farmaceutico retail (Classi A-C) (-0,4% a unità; -1,4% a valori) e dai brand a brevetto scaduto (-1,4% a unità; -2,6% a valori), il segmento dei farmaci generici cresce del 3,7% a volumi e del 6,5% a valori. Il peso degli equivalenti sul mercato complessivo a volumi si attesta al 21,14%, a fronte del 25,01% dei farmaci patented e del 53,85% dei brand a brevetto scaduto che continuano ad assorbire il 72% del mercato off patent a volumi in tutte le classi contro il 28% coperto dagli equivalenti.
Allo stesso modo, il peso degli equivalenti sul mercato complessivo a valori sempre nel canale farmacia, si attesta all’11,87% del mercato totale a valori, senza distinzione di classi, a fronte delle performance omogenee dei farmaci protetti (39,92%) e dei brand a brevetto scaduto (48,21%), mentre rappresentano – sempre a valori – il 20% del mercato fuori brevetto contro l’80% ancora detenuto dai brand a brevetto scaduto.
I consumi in classe A nei primi nove mesi del 2017
Per quanto riguarda i consumi di classe A nel periodo gennaio-settembre 2017 le confezioni rimborsate dal SSN sono diminuite dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del con una flessione del 7,5% nell’area dei prodotti ancora coperti da brevetto. In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto – in particolare degli equivalenti – che registrano una crescita dell’1,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Coerentemente in diminuzione anche la spesa rimborsata dal SSN, diminuita nei primi nove mesi dell’anno dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2016, con una flessione del 7,3% per quanto concerne i prodotti ancora coperti da brevetto (2.847 mln contro i 3.072 mln del periodo gennaio- settembre 2016) e una crescita complessiva del segmento dei prodotti a brevetto scaduto che per i generici-equivalenti ha fatto registrare un aumento del 4,6%.
Consumi regionali in classe A
L’analisi dei consumi per aree geografiche conferma un robusto ricorso agli equivalenti nel Nord Italia, dove hanno rappresentato, nei primi nove mesi dell’anno in corso, il 35,2% del mercato a unità e il 24,5% a valori a fronte di una media Italia rispettivamente del 28,3% e 19,9%. Consumi decisamente inferiori al Centro (25,9% a unità e 18,4% a valori) e al Sud (20,8% a unità e 14,6% a valori).
Modello di best practice ancora una volta la provincia Provincia Autonoma di Trento, dove è off patent l’80,5% delle unità dispensate dal SSN e il generico assorbe il 41,6% del totale.
Seguono Lombardia (78,2%% e 37,6%), Emilia Romagna (81,0% e 35,1%), la Provincia Autonoma di Bolzano (78,3% e 33,9%). All’estremo opposto, fanalino di coda è la Basilicata, con una incidenza di off patent sul totale rimborsato SSN del 78,3%, ma con una quota di equivalenti del 18,8%.
Ammonta infine a 817 milioni la quota versata come differenziale di prezzo dai cittadini che hanno pagare di tasca propria per ritirare il brand al posto dell’equivalente: l’incidenza maggiore a livello regionale si registra in Sicilia (14,3% per complessivi 83 mln) e nel Lazio (14,2% pari a 103 milioni di euro). L’incidenza più bassa – e comunque in calo col passare dei mesi – in Lombardia, dove il differenziale versato di tasca propria dai cittadini quota il 10,8% della spesa regionale SSN nel canale retail.
Canale ospedaliero
Nel canale ospedaliero, infine, nei primi nove mesi dell’anno i prodotti equivalenti hanno assorbito il 24,5% del mercato a volumi e il 5,8% del mercato a valori, performance decisamente contenuta a fronte della predominanza assoluta dei prodotti in esclusiva, titolari del 39,7% dei volumi e dell’87,2% del giro d’affari di settore.
I ricavi che vanno a tutta crescita – nell’alveo di un comparto pharma che apparentemente non conosce crisi – non mettono le aziende produttrici di farmaci equivalenti al riparo dal confronto con una contrazione della marginalità che ne rende sempre più difficile la sostenibilità.
È quanto emerge dal Terzo Rapporto sul sistema dei farmaci generici realizzato da Nomisma per Assogenerici e presentato oggi a Roma al Ministero dello Sviluppo Economico nel corso di un evento che ha visto la partecipazione di esponenti del mondo politico, istituzionale e dell’intera filiera farmaceutica.
Lo studio si sviluppa attraverso tre livelli di analisi:
L’oro che non luccica
Per queste ultime, infatti, la dinamica di crescita degli indicatori economici non è automaticamente segno di buona salute, come emerge chiaramente dai dati dello studio illustrati dal coordinatore del gruppo di lavoro Nomisma, Federico Fontolan: “Tra il 2010 e il 2015 – ha spiegato – ricavi e costi di produzione sono aumentati entrambi sensibilmente (+56% e +63% rispettivamente), sono raddoppiati gli investimenti (+105%), ma la marginalità è rimasta al palo. Di fatto – ha proseguito – i costi sono aumentati più dei ricavi, in un contesto in cui le imprese non hanno strategie di riduzione dei costi percorribili”.
Dall’analisi emerge infatti che per le aziende genericiste è impossibile fare ricorso ad una delle leve principali utilizzabili a livello manifatturiero, ovvero la riduzione dei costi delle materie prime: “Nel quinquennio in esame – ha aggiunto infatti Fontolan – il costo delle materie prime è aumentato del 92%, arrivando a pesare il 47% di tutti i costi di produzione, e sono di pari passo aumentati in modo rilevante gli investimenti che qualche azienda definisce “vincolati”, necessari a mantenere un’elevata competitività e a far fronte alle stringenti norme che regolamento il settore pharma a livello europeo ” .
Nel dettaglio si fa riferimento, in particolare, ai controlli qualità su prodotti e processi e agli adeguamenti legati alla Data Integrity e alla Direttiva europea Anticontraffazione.
Sul fronte del controllo qualità sono i dati reali a parlare: dal 2006 al 2015, l’incidenza del personale addetto al controllo qualità nel pool delle genericiste è passato dal 16,5 al 22%.
In particolare, nel solo biennio 2015-2016 il campione dei 21 siti produttivi visitati ha realizzato quasi 840mila test (in media 13 per lotto prodotto), oltre 3mila cento convalide di processo produttivo e 808 audit presso i fornitori di principi attivi (appartenenti per il 67% all’Unione Europea).
Preoccupazioni economiche aggiuntive derivano dall’attuazione delle indicazioni europee sulla raccolta e conservazione dati della filiera aziendale (data integrity) e sull’adozione dell’identificativo univoco comunitario e del sistema di prevenzione di manomissioni: secondo l’analisi di Nomisma, le due operazioni peseranno sui conti delle 21 aziende oggetto di screening per una cifra complessiva superiore ai 43 milioni di euro, pari al 7% dei loro ricavi annuali e al 97% del loro Margine operativo lordo. Come dire che se le 21 “protagoniste” volessero adeguarsi in un anno solo si ritroverebbero con le marginalità ridotte a zero.
Le criticità dietro le quinte
A fronte dell’impegno richiesto – sottolineano le aziende del campione – la prima criticità continua ad essere rappresentata dalle incertezze regolatorie, che ovviamente riguardano l’intera filiera produttiva: la numerosità delle procedure amministrative, la poca tempestività nelle risposte da parte della PA (ad esempio il via libera alla produzione da parte dell’Aifa al termine del percorso autorizzativo alle modifiche alle linee produttive, che nel caso delle 21 aziende dello screening ha determinato attese che vanno dalle due settimane ad un massimo di 6 mesi) e più in generale i cavilli burocratici rimangono fattori debilitanti per le imprese, e lo sono ancora di più per aziende che operano in un settore altamente controllato e regolato come quello farmaceutico.
Difficoltà che impattano su un comparto allargato già alle prese con la pesante crisi di crescita descritta nell’intervento di Lucio Poma, Docente di Economia applicata all’Università di Ferrara e membro del gruppo di lavoro che ha realizzato lo studio: “Tra il 2009 e il 2015 – ha spiegato – il valore delle esportazioni farmaceutiche italiane è cresciuto del 75% , ma a fronte di questa crescita l’importazione di materie prime e di alcuni farmaci innovativi, ad altissimo costo, ha comportato un saldo negativo tra import ed export pari a 1,5 miliardi di euro nel 2016. A pesare sul bilancio finale (-3,9 miliardi di euro) sono i saldi con l’Ue, la Svizzera e gli Stati Uniti, ma è aumentata anche la competitività in territori geograficamente più distanti, come l’Asia o l’America centro-meridionale, mentre l’Italia tra il 2011 e il 2015 ha visto diminuire la propria quota produttiva in ambito europeo di circa due punti percentuali”.
La reazione è comunque in atto, anche se il comparto – lascia intendere Poma – ha tardato un po’ ad ingranare le marce alte: “L’industria farmaceutica italiana avrebbe potuto crescere ancora di più di quanto fatto in questi anni, se si fosse agito a livello di policy con maggiore tempestività su alcuni fattori competitivi – ha proseguito –. Ora il settore sta attraversando una fase di ristrutturazione epocale: la profonda riorganizzazione dei grandi gruppi farmaceutici avrà effetti sull’intero settore e sul mercato di riferimento e le imprese di produzione dei farmaci generici non devono compiere l’errore commesso nel passato dai grandi gruppi farmaceutici, ovvero adagiarsi nella prospettiva di un mercato in crescita, quale probabilmente sarà quello dei generici nel prossimo quinquennio – ha concluso –. È necessario giocare d’anticipo e mettere a punto nuove strategie per affrontare il cambiamento”.
Le prospettive di policy
Quali sono le prime emergenze nel vissuto delle imprese dei generici emerge con chiarezza dai risultati del questionario che ha accompagnato lo screening: in cima alle preoccupazioni del comparto figurano l’eccessiva pressione sui prezzi, tra i più bassi d’Europa (64,7%) e la competizione dei produttori extra-europei (47,1%).
Non a caso, l’ampliamento dei mercati di riferimento è la prima priorità suggerita dallo studio al capitolo delle policy. Un obiettivo su cui è già da tempo focalizzata l’attività di Assogenerici, come ha confermato il presidente, Enrique Häusermann: “Ci stiamo battendo perché l’Europa adotti al più presto il SPC manufacturing waiver, la deroga che darebbe la possibilità ai produttori europei di produrre in Europa, anche in vigenza di brevetto, con lo scopo di esportare verso i paesi a diversa scadenza brevettuale. Questa possibilità consoliderebbe il tessuto produttivo europeo consentendo alle industrie dell’UE di competere con le aziende extra-europee nei mercati a diversa protezione brevettuale”.
Parimenti condivisa l’indicazione a latere – contenuta nel rapporto – sulla necessità di essere pronti a cogliere lo sviluppo delle nuove filiere che si stanno aprendo, come quella dei biosimilari: “Siamo consapevoli del fatto che questo settore sarà cruciale per l’industria nei prossimi decenni – ha concluso Häusermann - ed è per questo che abbiamo fortemente voluto la nascita dell’Italian Biosimilar Group (IBG) all’interno di Assogenerici”.
Dallo studio emergono però suggerimenti e piani d’azione ancora in tutto o in parte inesplorati dal decisore politico e delle imprese.
Si parla del potenziamento delle misure che regolano il patent box, avvicinando la tassazione complessiva ai livelli dei Paesi più competitivi, della rimozione dei limiti che tolgono appetibilità al credito di imposta per la R&S, di un piano di defiscalizzazione o di incentivi alle imprese medio-piccole per l’acquisto di macchinari, di fondi dedicati per supportare l’innovazione dei processi industriali e l’efficienza produttiva delle imprese.
Mirate, infine, alla specifica realtà del comparto genericista il suggerimento, rivolto alle aziende, di “affrontare la questione dimensionale anche a livello nazionale, anche attraverso un sistema di incentivazione all’aggregazione”.
“La trasformazione in atto nel settore richiederà una visione d’impresa sempre più globale e strategica – conclude Nomisma – . E la attuale fase di crescita sostenuta non va vista come un punto d’arrivo ma come premessa a nuove opportunità per le imprese più dinamiche”.
I ricavi che vanno a tutta crescita – nell’alveo di un comparto pharma che apparentemente non conosce crisi – non mettono le aziende produttrici di farmaci equivalenti al riparo dal confronto con una contrazione della marginalità che ne rende sempre più difficile la sostenibilità.
È quanto emerge dal Terzo Rapporto sul sistema dei farmaci generici realizzato da Nomisma per Assogenerici e presentato oggi a Roma al Ministero dello Sviluppo Economico nel corso di un evento che ha visto la partecipazione di esponenti del mondo politico, istituzionale e dell’intera filiera farmaceutica.
Roma, 7 dicembre 2017 – “Le aziende aderenti ad Assogenerici chiedono con forza che Governo e Parlamento utilizzino l’ultima chance per dare sostenibilità al sistema di governo della spesa farmaceutica per gli anni a venire”: a dichiararlo è Enrique Häusermann, presidente Assogenerici.
A pochi giorni dal via libera finale della Legge di Bilancio all’esame della Camera, infatti, nel testo in esame non compaiono ancora misure orientate a quella riforma della governance farmaceutica da tempo attesa e promessa al comparto e da quest’ultimo ritenuta assolutamente necessaria per garantire la sostenibilità del sistema e la sopravvivenza e la crescita delle imprese.
L’Europa apre il cantiere della deroga che consentirebbe la produzione di medicinali generici durante la vigenza del certificato di protezione complementare ai soli fini dell’esportazione nei mercati dove questo sia scaduto o non sia in vigore, una misura che – nei prossimi otto anni – potrebbe incrementare, secondo uno studio di Charles River Associates (CRA), il giro d’affari complessivo del comparto farmaceutico europeo tra i 7,7 e 9,5 miliardi di euro entro il 2025, consentendo anche di realizzare una riduzione della spesa farmaceutica comunitaria per una cifra compresa tra 1,6 e 3,1 miliardi di euro.
Proseguendo il cammino avviato dalla Commissione Ue con la “Single Market Strategy”, adottata nel 2015, la Direzione generale per il mercato interno, l'industria, l'imprenditoria e le PMI (DG GROW) ha infatti avviato il 12 ottobre una consultazione pubblica che si concluderà il 4 gennaio 2018 e farà certamente discutere (https://ec.europa.eu/info/consultations/public-consultation-supplementary-protection-certificates-spcs-and-patent-research-exemptions_it).
Nel documento sulla “Single Market Strategy” – reso ufficialmente pubblico nell’ottobre 2016 – la Commissione preannunciava l’intenzione di proporre “misure destinate a migliorare il sistema dei brevetti in Europa, in particolare per le industrie farmaceutiche e le altre industrie i cui prodotti sono soggetti a autorizzazioni di mercato regolamentate”. Tra le novità ipotizzate per il pharma figuravano tre elementi di ricalibrazione dell’attuale assetto in tema di protezione brevettuale: la creazione di un certificato SPC unico europeo; l’aggiornamento del campo di applicazione della deroga alla tutela brevettuale a scopo ricerca; l’introduzione di una deroga all’SPC ai fini della produzione ed export di medicinali fuori brevetto (SPC manufacturing waiver).
Non a caso, dunque, la consultazione appena avviata riguarda la possibilità di introdurre un SPC unico a livello europeo (gli SPC, che aggiungono fino a 5 anni di vita al brevetto farmaceutico di 20 anni per consentire alle aziende di recuperare il tempo dedicato a test e trial in vista dell’ingresso sul mercato) e le deroghe alla tutela brevettuale a scopo di ricerca (cd. “Bolar clause”) introdotte dalla normativa comunitaria per consentire ai produttori di farmaci equivalenti l’esecuzione delle prove di bioequivalenza prima della scadenza della tutela brevettuale sul principio attivo.
Entrambe le questioni sono propedeutiche all’introduzione del SPC manufacturing weaver da tempo sollecitato dalle imprese produttrici di farmaci generici-equivalenti: ovvero la possibilità di produrre medicinali ancora protetti dal certificato di protezione complementare esclusivamente per l’esportazione nei Paesi dove il brevetto non esiste o la tutela garantita dagli SPC è già scaduta.
L’attuale quadro normativo europeo provoca infatti pesanti ricadute industriali ed occupazionali: le aziende farmaceutiche che producono in Europa subiscono una pesante concorrenza da parte delle aziende che producono nei Paesi extra europei e si vedono costrette a spostare all’estero la produzione. Una volta impiantate, le produzioni rimangono nei Paesi extra UE a causa degli accordi di esclusività produttiva imposti dagli ospitanti.
A confermare i vantaggi delle soluzioni proposte è uno studio (Assessing the economic impacts of chaging exempion provisions during patent and SPC protection in Europe, https://publications.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/6e4ce9f8-aa41-11e7-837e-01aa75ed71a1/language-en) appena reso pubblico dalla Commissione Ue, che ha affidato alla società di consulenza internazionale Charles River Associates (CRA) in compito di valutarne l’impatto economico.
Queste le principali indicazioni emerse dallo studio:
- l’estensione della “Bolar clause” a tutti i farmaci e a tutte le domande AIC nei Paesi europei determinerebbe per le aziende produttrici risparmi compresi tra i 23 e i 34,2 milioni di euro l’anno (es. riduzione delle spese legali);
- la combinazione tra l’SPC export weaver e l’estensione della “Bolar clause” determinerebbe una crescita del giro d’affari dei produttori di principi attivi farmaceutici (API) europei tra i 211,8 milioni di euro ed i 254,3 milioni entro il 2030, con la creazione di ulteriori 2mila posti di lavoro;
- l’introduzione del Spc export waiver verso paesi terzi si tradurrebbe invece in un aumento delle vendite nette dell’industria farmaceutica europea da 7,3 a 9,5 miliardi di euro entro il 2025 e nella creazione di almeno 20-25mila nuovi posti di lavoro nel comparto farmaceutico, con un aumento compreso tra il 13% e il 16%;
- la stessa misura determinerebbe un aumento delle esportazioni farmaceutiche dall’Europa compreso tra il 6% e il 18%;
- la concorrenza indotta da tutte le precedenti misure garantirebbe risparmi sulla spesa farmaceutica europea compresi tra 1,6 e 3,1 miliardi come conseguenza della tempestiva introduzione sul mercato di farmaci equivalenti e biosimilari.
Glossario
• Il certificato di protezione complementare (SPC), disciplinato dal regolamento (CE) n. 469/2009, è un incentivo europeo che estende la protezione dei medicinali brevettati per un periodo massimo di 5 anni per compensare il tempo perduto nell’iter registrativo. Durante questo periodo, i produttori europei di medicinali generici e biosimilari non possono produrre i loro farmaci nell'UE.
• La “Bolar clause”, prevista dalla direttiva (2004/27), consente ai produttori di generici equivalenti e biosimilari di intraprendere attività di ricerca e sviluppo per ottenere la registrazione dei propri prodotti.
• La SPC manufacturing waiver è una proposta che mira a risolvere gli effetti collaterali indesiderati dei certificati complementari di protezione, consentendo alle aziende di produrre farmaci generici equivalenti e biosimilari durante il periodo di vigenza del SPC per rifornire tempestivamente i mercati non protetti dopo la scadenza dei brevetti.
L’Europa apre il cantiere della deroga che consentirebbe la produzione di medicinali generici durante la vigenza del certificato di protezione complementare ai soli fini dell’esportazione nei mercati dove questo sia scaduto o non sia in vigore, una misura che – nei prossimi otto anni – potrebbe incrementare, secondo uno studio di Charles River Associates (CRA), il giro d’affari complessivo del comparto farmaceutico europeo tra i 7,7 e 9,5 miliardi di euro entro il 2025, consentendo anche di realizzare una riduzione della spesa farmaceutica comunitaria per una cifra compresa tra 1,6 e 3,1 miliardi di euro.
Proseguendo il cammino avviato dalla Commissione Ue con la “Single Market Strategy”, adottata nel 2015, la Direzione generale per il mercato interno, l'industria, l'imprenditoria e le PMI (DG GROW) ha infatti avviato il 12 ottobre una consultazione pubblica che si concluderà il 4 gennaio 2018 e farà certamente discutere.
Nel documento sulla “Single Market Strategy” – reso ufficialmente pubblico nell’ottobre 2016 – la Commissione preannunciava l’intenzione di proporre “misure destinate a migliorare il sistema dei brevetti in Europa, in particolare per le industrie farmaceutiche e le altre industrie i cui prodotti sono soggetti a autorizzazioni di mercato regolamentate”. Tra le novità ipotizzate per il pharma figuravano tre elementi di ricalibrazione dell’attuale assetto in tema di protezione brevettuale: la creazione di un certificato SPC unico europeo; l’aggiornamento del campo di applicazione della deroga alla tutela brevettuale a scopo ricerca; l’introduzione di una deroga all’SPC ai fini della produzione ed export di medicinali fuori brevetto (SPC manufacturing waiver).
Marc-Alexander Mahl, vicepresidente esecutivo della Business Unit farmaci generici della multinazionale tedesca Fresenius Kabi ha sostituito oggi Jacek Glinka alla guida di Medicines for Europe, l’associazione che rappresenta le aziende europee del comparto delle aziende produttrici di equivalenti e biosimilari, che conta 160mila addetti e 350 siti produttivi in tutta Europa. Medico, specializzato in Medicina trasfusionale, Mahl ha guidato in precedenza il settore ospedaliero di Medicines for Europe.
Il neopresidente ha inaugurato il proprio incarico biennale alla guida dell’organismo lanciando la campagna “Access to Medicines: Better Care for More Patients” che ha come obiettivo quello di accrescere l’accesso dei pazienti ai trattamenti e pertanto sollecita i ministri della Sanità dei Paesi Ue a realizzare il potenziale di farmaci generici, biosimilare e a valore aggiunto per migliorare la sostenibilità delle cure sanitarie in tutta Europa.
Marc-Alexander Mahl, vicepresidente esecutivo della Business Unit farmaci generici della multinazionale tedesca Fresenius Kabi ha sostituito oggi Jacek Glinka alla guida di Medicines for Europe, l’associazione che rappresenta le aziende europee del comparto delle aziende produttrici di equivalenti e biosimilari, che conta 160mila addetti e 350 siti produttivi in tutta Europa. Medico, specializzato in Medicina trasfusionale, Mahl ha guidato in precedenza il settore ospedaliero di Medicines for Europe.
Il neopresidente ha inaugurato il proprio incarico biennale alla guida dell’organismo lanciando la campagna “Access to Medicines: Better Care for More Patients” che ha come obiettivo quello di accrescere l’accesso dei pazienti ai trattamenti e pertanto sollecita i ministri della Sanità dei Paesi Ue a realizzare il potenziale di farmaci generici, biosimilare e a valore aggiunto per migliorare la sostenibilità delle cure sanitarie in tutta Europa.
“Siamo lieti di questa scelta – ha commentato Enrique Häusermann, presidente Assogenerici . – Ci complimentiamo con Marc-Alexander Mahl per il ruolo che ricoprirà con sicuro successo, vista la sua esperienza di esperto nel settore del mercato ospedaliero degli equivalenti, che attualmente sta vivendo un periodo di particolare criticità”.
"L'assistenza sanitaria europea – ha dichiarato Marc-Alexander Mahl – è soggetta a vincoli finanziari crescenti: una moltitudine di pazienti è costretta a lottare per avere accesso alle cure necessarie e il costo complessivo crescente dell'assistenza sanitaria obbligherà i responsabili politici ad assumere scelte difficili e impopolari per la migliore allocazione delle risorse. Eppure esiste un modo semplice ed evidente per garantire sia l’accesso alle cure che la tenuta dei bilanci sanitari: la promozione dei farmaci generici, biosimilari e a valore aggiunto da parte di pazienti, medici e farmacisti ".
La nuova campagna fornirà dati e proposte convincenti per aiutare i responsabili politici e le parti interessate migliorano l'accesso ai medicinali. In particolare, la campagna aiuterà i responsabili politici a incoraggiare la concorrenza nei mercati della medicina complessa, dove esistono enormi opportunità per aumentare l'accesso, spendere risorse in modo più efficiente e migliorare la cura complessiva dei pazienti.
Questi alcuni dei dati evidenziati dalla nuova campagna che valorizza il contributo alla sostenibilità dei sistemi sanitario offerta da equivalenti e biosimilari:
· i generici assorbono il 4% dei budget sanitari ma garantiscono il trattamento dell’80% dei pazienti;
· 62% dei farmaci dispensati in Europa sono generici che coprono l’80% delle aree terapeutiche con oltre 10 miliardi di confezioni l’anno;
· il 75% dei generici distribuiti a livello mondiale sono prodotti in Europa;
· dal loro primo apparire, nel 2016, i biosimilari hanno garantito ai pazienti europei 700milioni di giorni di trattamento;
· in assenza dei farmaci generici i sistemi sanitari europei dovrebbero sostenere 100 miliardi di costi in più ogni anno;
· i biosimilari renderanno disponibili nei prossimi cinque ani 15 miliardi di euro di risorse per i sistemi sanitari europei.
Nell’attuale panorama europeo – sottolinea la campagna di Medicines for Europe – l’esasperazione delle misure di contenimento della spesa, i tagli indiscriminati ai listini, il pay back sproporzionato rischiano di mettere a rischio il valore aggiunto offerto dal comparto e di determinare la crescita esponenziale dell’indisponibilità dei prodotti nel circuito distributivo; la scomparsa di alcuni prodotti chiave (es. antibiotici) dal mercato comunitario; la riduzione degli investimenti nell’innovazione produttiva degli off patent.
Le prime contromisure richieste per garantire la sopravvivenza delle imprese: la semplificazione amministrativa e la stabilità del mercato.
Una norma di legge che impedisca alle Regioni di dirottare le risorse liberate dai farmaci equivalenti e biosimilari verso capitoli di spesa diversi dalla farmaceutica; la totale esclusione delle quote versate di tasca propria dal cittadino dall’ammontare di spesa soggetta al tetto programmato; la compensazione tra i tetti per consentire l’uso cumulativo delle risorse disponibili; il riordino del copayment per fasce di reddito; l’inserimento della spesa farmaceutica nel sistema dei DRG. Queste le proposte avanzate da Enrique Häusermann, presidente Assogenerici, intervenuto stamattina, a Firenze, alla sessione inaugurale del Forum della Leopolda, dedicata alla Governance del sistema Sanitario tra Stato e Regioni.
“La creazione di due Fondi ad hoc – uno per i farmaci innovativi e uno per gli oncologici – fuori dal tetto per la farmaceutica diretta non risolve del tutto i problemi di sotto finanziamento della spesa farmaceutica diretta - ha spiegato Häusermann. - Solo nei prossimi 18 mesi con l’arrivo dei farmaci equivalenti di diverse molecole in scadenza potranno essere liberate ulteriori risorse per quasi 700 milioni di euro: è indispensabile che ogni euro risparmiato con generici e biosimilari sia destinato al Fondo per i farmaci innovativi, con una norma di legge vincolante che impedisca alle Regioni di dirottare queste risorse verso altri capitoli di spesa. Questo contribuirebbe ad aggredire una parte del problema relativo al finanziamento del Fondo per gli innovativi - non solo nel breve periodo - e alleggerirebbe anche l’eventuale ripiano a carico delle aziende che hanno avuto accesso a tale fondo”.