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Oltre alla pandemia, anzi a dispepetto della pandemia, ci sono altre emergenze sanitarie globali di cui è meglio non dimenticarsi proprio per non trovarsi disarmati quando è maggiore la necessità. E' il caso dell'antibioticoresistenza su cui ha acceso oggi i riflettori AIFA con la pubblicazione del Rapporto antibiotici 2019: "E' un’acqua alta che in alcuni Paesi ha raggiunto livelli preoccupanti - spiega  il DG dell'Agenzia, Nicola Magrini - . L’Italia è ancora tra i maggiori utilizzatori di antibiotici in Europa e uno tra i Paesi con i dati peggiori per le resistenze a livello ospedaliero. I deboli segnali di contrazione d’uso degli ultimi anni non sono sufficienti. Per avere un impatto positivo sulle resistenze occorrono riduzioni drastiche dell’ordine del 50%. Per questo – conclude Magrini – è necessario adottare un approccio più efficace rispetto al passato. L’AIFA ne è consapevole e costituirà un gruppo di lavoro ad hoc all’interno dell’unità di crisi per le emergenze”.

Dai dati emerge infatti che nel 2019 il consumo di antibiotici in Italia è rimasto invariato rispetto al 2018 (21,4 DDD/1000 ab die): il consunmo nel nostro Paese  resta superiore alla media UE con una notevole variabilità regionale e valori più elevati al Sud rispetto al Centro e al Nord Italia. Le differenze d’uso riguardano sia il numero delle prescrizioni che la tipologia degli antibiotici prescritti (tipo di molecole; spettro ampio vs ristretto): l’associazione amoxicillina/acido clavulanico risulta essere l’antibiotico più utilizzato, mentre risulta probabile un sovra-utilizzo rispetto alla sola amoxicillina, particolarmente evidente in ambito pediatrico.

In parrticolare, nel triennio 2016-2019 i consumi in assistenza convenzionata (antibiotici erogati dalle farmacie pubbliche e private) si sono ridotti solo del 5,8%, al di sotto dell’obiettivo auspicato dal Piano Nazionale Antibiotico-resistenza (PNCAR) per il 2020 (riduzione >10%), mentre il consumo ospedaliero è risultato in crescita, nonostante la lieve riduzione osservata nell’ultimo anno, mentre l’obiettivo PNCAR per il 2020 era una riduzione >5%. 

"La variabilità regionale e l’ampia oscillazione stagionale dei consuimi  suggeriscono un uso non sempre appropriato degli antibiorici - sottolinea il Rapporto -. E si tratta di un fenomeno che concorre ad aggravare il problema della resistenza batterica agli antibiotici, rendendo sempre meno efficaci farmaci che in molte situazioni rappresentano dei veri e propri salvavita". "Le attitudini prescrittive dei medici e le differenze socio-demografiche e culturali dei diversi contesti geografici - aggiunge - incidono in maniera significativa sui consumi, rivelando margini di miglioramento nell’uso appropriato di questi farmaci".

In particolare: l’impiego inappropriato di antibiotici supera il 25% in tutte le condizioni cliniche studiate (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata e bronchite acuta) a eccezione della bronchite acuta e tutti gli usi inappropriati degli antibiotici per le infezioni delle vie respiratorie sono stati registrati in maggioranza al Sud, nella popolazione femminile (a eccezione della bronchite acuta) e negli individui di età avanzata.ù
 
Merita dunque ssere ricordatoche è generalmente inappropriato l’uso di:
  • amoxicillina e acido clavulanico nei bambini (al posto della sola amoxicillina);
  • qualunque antibiotico a seguito di una diagnosi di influenza, raffreddore comune o laringotracheite acuta;
  • l’impiego di fluorochinoloni e cefalosporine in presenza di una diagnosi di faringite e tonsillite acuta;
  • l’impiego di macrolidi come prima linea di trattamento della faringite e tonsillite acuta (a causa dell’elevato rischio di sviluppare resistenze);
  • nella cistite non complicata l’uso in prima linea di qualsiasi antibiotico appartenente alla classe di fluorochinoloni.

La sintesi del Rapporto AIFA sull'uso degli antiobiotici

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Foto: Karolina Grabowska su Pexels

 
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